Irma Grese, “la Bestia Bionda” di Auschwitz

Irma Grese, “la Bestia Bionda” di Auschwitz

(Irma Grese) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie, Fatti e società e La Forza di indignarsi Ancora

Ascolta “La Forza di Indignarsi Ancora. Puntata 2 – Irma Grese, “la Bestia Bionda” di Auschwitz” su Spreaker.

L’Olocausto perpetrato dal Terzo Reich tra il 1933 (ascesa al potere di Hitler) e il 1945 (27 Gennaio 1945, liberazione del campo di concentramento di Auschwitz da parte delle truppe dell’Armata Rossa), portò alla morte di oltre 17 milioni di persone: donne, uomini, bambini.

17 milioni di persone: ebrei, Rom, omosessuali, malati mentali, dissidenti politici, testimoni di Geova, infermi.

Si è giustamente spinti a pensare alla vittime, ai nomi, alle sembianze.

Il più delle volte sono nomi che evocano futuri mai vissuti, vite spezzate, corpi mai ritrovati.

Famiglie distrutte, legami annientati, tra la polvere da sparo e il delirio dei folli.

Quello che perpetrò il regime nazista nel mondo è ancora oggi un macigno che incombe sulle pagine della storia dell’uomo.

Irma Grese. La bestia bionda

Non possiamo dimenticare. Non dobbiamo.

Ed è giusto anche ricordare chi non è stato vittima, ma carnefice.

Perché il male ha un volto, occhi, espressioni e carattere.

Irma Grese

A rappresentarlo in questo spicchio di racconto è una ragazza tedesca, passata alla storia con più appellativi.

Uno più infausto dell’altro: “la bestia bionda”, “la iena”, “la bella bestia”.

Lei si chiamava Irma Grese ed è stata una delle carceriere più efferate e crudeli di Auschwitz.

Irma Grese. Un passato difficile

Irma nasce a Wrechen in Germania, il 7 Ottobre 1923.

Sin da bambina sogna di divenire infermiera, ha un carattere timido e riservato.

Nel 1936 tutto cambia nella sua vita, quando la madre si suicida.

Un lutto dilaniante che la colpisce nell’età dell’adolescenza e dal quale si susseguono importanti cambiamenti.

Da giovane mite e tranquilla, diventa spietata e senza scrupoli.

Hanno inizio problemi comportamentali anche con i suoi coetanei, tanto da spingerla a ritirarsi da scuola a soli 15 anni.

Pur vivendo con il padre – fervente oppositore di Hitler – Irma è completamente soggiogata dall’ideologia nazista.

Nel Fuhrer e nelle sue promesse, crede di poter realizzare la propria vita.

Irma Grese. L’adesione al nazismo

S’iscrive alla Lega delle ragazze tedesche (Bund Deutscher Mädel), un’organizzazione di giovani Naziste.

Tenta di concretizzare il suo sogno d’indossare la divisa d’infermiera senza riuscirci, mai.

Ma le scelte che intraprese la portano sì a vestire una livrea, ma la più pericolosa e maledetta: quella delle SS.

A 19 anni inizia a lavorare come guardia nel campo di concentramento femminile di Ravensbruck.

Grazie alle sue “doti”, fa presto carriera e solo un anno dopo viene trasferita ad Auschwitz.

Irma Grese

Luogo dove il suo nome e le sue crudeltà diventano un connubio mortale per i prigionieri, e motivo di vanto tra i gerarchi nazisti.

Quando il padre viene a sapere del trasferimento della figlia e delle sue mansioni nel campo di concentramento, la caccia di casa.

Lei lo denuncia e l’uomo viene recluso.

Irma indossando quell’uniforme, dona il peggio di sé perpetrando torture e indicibili nefandezze su donne e bambini.

Irma Grese. Sadica, crudele, efferata

Sul suo volto, sino alla fine, non traspare dubbio o colpa.

Irma svolge il suo “lavoro” con dedizione, passione e malefica capacità.

Riesce a conquistare l’ambito grado (tra le donne SS) di: Supervisore Capo.

I sopravvissuti raccontano che “La Bestia Bionda” era la più temibile, capace d’infliggere torture sino a quando non vedeva la vittima prescelta esalare l’ultimo respiro.

Amava scegliere le prigioniere da spedire nelle camere a gas soprattutto per la loro bellezza.

Picchiava, violentava le donne costringendo alcune di esse ad assistere allo scempio, allo stupro delle proprie malcapitate compagne.

Arrivò a sciogliere i cani – lasciati senza razioni per giorni – per farli cibare delle carni dei prigionieri.

Irma Grese. Il mostro in mezzo ai mostri

I suoi stessi colleghi la definivano crudele.

Osò essere il mostro, in mezzo ai mostri.

Testimonianze affermano che fu sempre lei a far montare dei paralumi creati con la pelle dei deportati.

Nefandezze, espressioni di una disumanità pari a pochi che le permisero di scalare i vertici del potere nazista all’interno dei campi di concentramento di Ravensbruck, Auschwitz e Bergen-Belsen.

Venne arrestata dall’esercito Britannico il 17 Aprile del 1945, insieme ad altre SS.

Durante tutto il processo di Belsen, non ebbe mai un attimo di pentimento.

Irma Grese

Fiera, concreta e insolente non rinnegò mai i suoi ideali né le sue decisioni.

Venne condannata alla pena massima: impiccagione come criminale di guerra

Aveva 22 anni al momento dell’esecuzione, le sue ultime parole furono: “Schnell” (rapidamente).

Quella rapidità che non offriva mai alle proprie vittime, per le quali godeva nel seviziarle.


Fonti:

  • Gulliber: La bella Bestia di Auschwitz
  • Berlino Magazine: Irma Grese, la Bella Bestia di Belsen
  • Bet Magazine Mosaico: Nazismo al femminile: Irma Grese e le altre
AMELIA SETTELE, Bolivia

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Skid Row, the other side of Los Angeles

(Skid Row) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura, Persone e StorieFatti e società e La Forza di indignarsi Ancora

Ascolta “La Forza di Indignarsi Ancora. Puntata 6 – Skid Row, the other side of Los Angeles” su Spreaker.

La città di Los Angeles – dopo New York City – è la seconda metropoli più grande d’America.

SOMMARIO

La città è celebre per essere il fulcro dell’industria cinematografica, per i quartieri lussuosi, la ricchezza ostentata. Senza dimenticare la celebre collina dove spicca l’iconico cartello “Hollywood”. Ma cela anche un lato oscuro e inquietante.

Skid Row. Accesso all’inferno

La mia penna aveva già sfiorato l’argomento, mentre vi raccontavo del Cecil Hotel e della sua triste storia.

Ora è giunto il momento di portarvi a Skid Row: il ghetto di Los Angeles.

Il suo nome – Los Angeles, la città degli Angeli – può trarvi in inganno.

Perché questa metropoli possiede anche le chiavi per le porte dell’inferno e Skid Row, è uno degli accessi.

Ufficialmente conosciuto come Central City East è un distretto della Downtown (centro amministrativo e geografico della città).

Ospita la più grande comunità di senzatetto stabili degli Stati Uniti.

il telefono del vento

Skid Row. Casa di 3000/5000 clochard

Nel quartiere vive una gremita comunità di clochard che si aggira tra le 3000 e le 5000 persone.

Qui governa la violenza, la coercizione e il pressante disagio di uno specchio sociale.

Che si scontra con vite graffiate, interrotte, consumate da droga, alcool, squilibrio mentale ed estrema povertà.

Le luci e i sogni di Los Angeles s’infrangono a Skid Row dove non si vive, si sopravvive.

Dove non si sogna, ma si lotta per mangiare e continuare ad avere almeno uno sputo di marciapiede da occupare e chiamare “casa”.

Ricettacolo e degrado.

Droga, alcool, prostituzione, giro di vite e lotta intestina per la sopravvivenza.

È fortunato chi può permettersi come alloggio al coperto una tenda da campeggio.

Mentre la maggior parte dei clochard scompare di notte in cartoni ammassati agli angoli più bui per cercare di proteggersi le carni e la dignità.

Skid Row. Sembra impossibile da recuperare

In questa realtà sociale sopravvive non solo solo chi ha ceduto tutto alle dipendenze delle droghe, oppure ai vizi che offre l’alcool.

Ci sono anche ex veterani di guerra, disabili mentali non pericolosi per gli altri.

E gente “semplicemente” sfortunata che ha perso: lavoro, casa, risparmi e la possibilità di poter ricominciare.

Da anni ormai il quartiere – un agglomerato di isolati a pochi minuti dai quartieri “bene” – sembra impossibile da recuperare.

Ci sono vicoli impraticabili da transitare per la sporcizia e l’indigenza imperante.

Feci ed urine appestano l’aria, dove banchettano mosche e prolificano batteri.

E il popolo di Skid Row continua ad arrancare e a sopravvivere. 

Ombre umane simbolo del decadimento di una società troppo caotica e occupata a non osservare queste creature sopraffatte dagli eventi e incapaci di recuperare.

Un perfetto set per i film sugli zombie.

SKid Row

Skid Row, ma come nasce?

Già nell’800 l’area urbana era presente a Los Angeles.

Il nome Skid Row indicava la strada utilizzata dai taglialegna per far arrivare i tronchi verso la costa.

Laddove poi venivano caricati sulle navi e spediti.

Con la grande depressione alla fine del 1929 – e il relativo crollo di Wall Street – il quartiere brulicava sempre più di emarginati, alcolizzati e di bordelli.

Con gli anni la popolazione aumentava, il degrado con lei.

Anche la fine della guerra in Vietnam (1975) e il ritorno a casa dei veterani, permise al quartiere di prosperare.

Perché molti reduci rientrati con fardelli insopportabili da gestire, non riuscirono a reinserirsi nella società e trovarono facile rifugio nel quartiere.

Nel corso degli anni, diverse amministrazioni comunali hanno cercato d’intervenire.

Rendendo la presenza massiccia delle forze dell’ordine un monito per gli abitanti del quartiere.

Ma quello che accade a Skid Row è pesante, pressante e non è di facile risoluzione.

Gli anni infatti passano, ma lo scenario non cambia.

Ancora oggi osservare Skid Row e i suoi “ospiti” rende chiaro che il girone infernale che rappresentano non può essere dimenticato né sottovalutato.

Visto che rappresenta non solo il fallimento di una metropoli, ma della società tutta.

Noi compresi.

Skid Row


Fonti:

  • La Stampa: Skid Row, il quartiere fantasma che assedia le luci di Los Angeles
  • Los Angeles Times: L.A. settles homeless rights case, likely limiting ability to clear skid row streets
  • Company People: Skid Row la zombie area di Los Angeles
AMELIA SETTELE

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Debra A. Haaland, donna simbolo del riscatto degli Indiani d’America

(Haaland) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie

Debra Anne Haaland è la prima donna nativa americana ad essere scelta dal Presidente Biden come Segretario al Dicastero dell’Interno.

SOMMARIO

Dal 17 Dicembre 2020 – giorno dell’Inauguration Day – gestisce le risorse naturali, le riserve, i parchi e il patrimonio forestale. Ma soprattutto è a capo del ministero che ha il compito di tutelare le minoranze etniche e i programmi ad esse collegate. Sarà quindi la voce più consona al sostegno del 1.9 milione di nativi americani che vivono attualmente negli Stati Uniti, come anche per gli altri gruppi allogeni. Sotto la sua responsabilità passeranno anche le decisioni per cercare soluzioni concrete alla crisi climatica in atto, spesso trascurata nelle amministrazioni antecedenti.

Haaland. Emblema dei nativi americani

Eletta al Congresso degli Stati Uniti nel 2018, è l’emblema della rivincita delle tribù ed etnie native Americane. Joe Biden, anche attraverso la sua nomina, impronta la politica del nuovo governo verso un radicale cambiamento, volto all’integrazione e alla coesione di culture e razze diverse.

Debra Haaland è colei che dichiarò pubblicamente:

Un ex segretario del Dipartimento, che da oggi guiderò io, una volta proclamò “civilizzare o sterminarli”. Io sono la testimonianza vivente del fallimento di quell’orribile ideologia.”

Le sue parole ci riportano anche alla tremenda storia delle Residential Schools Canadesi, di cui mi ero occupata in precedenza (articolo qui), e del loro completo e profondo fallimento nella gestione e nell’integrazione tra i nativi americani e i colonizzatori.

Haaland. Le sue radici in Arizona

Debra infatti, nella sua vita ha sempre dovuto lottare per farsi valere come donna e come nativa.

Crescere nel villaggio di mia madre mi ha reso agguerrita. Sarò agguerrita per tutti noi, per il nostro pianeta, per le terre protette. Sono onorata e pronta a servire.”

Haaland

Nata in Arizona, i suoi genitori erano entrambi militari. La madre apparteneva alla tribù dei Laguna Pueblo- popolo che abitava i territori del New Mexico e dell’Arizona – mentre il padre di origini Norvegesi, era ufficiale dei Marines insignito della medaglia al valore per il suo contributo durante la guerra in Vietnam. Insieme ai suoi tre fratelli, ha sempre viaggiato molto a causa del lavoro dei genitori, ma le radici indiane hanno continuamente influenzato la sua vita. Madre single di una ragazza che ha cresciuto completamente sola, è riuscita a diplomarsi e poi laurearsi in Giurisprudenza alternando gli studi con il lavoro di vendita di prodotti alimentari.

Haaland. Nessuna voce come la sua

Donna forte e concreta, entrata in politica quasi per caso dopo non essere riuscita a superare l’esame d’avvocato. Incide con voce chiara e schietta la sua posizione e la sua volontà di portare le minoranze ad essere veramente ascoltate.

Sono Deb Haaland e il Congresso non l’ha mai sentita una voce come la mia…”

La sua nomina concretizza la sua posizione, divenendo essa stessa, strumento di propaganda per una nazione libera e capace di portare avanti un progetto d’uguaglianza e aggregazione. Come mai visto, finora.

Il Congresso, come il resto del mondo, non avevano mai ascoltato la sua voce. Ora è arrivato il momento di prestarle attenzione, per trarne ispirazione e stimolo.

Fonti:
  • Congresswoman Deb Haaland
  • Elle: chi è Debra Haaland, la prima nativa americana nominata da Joe Biden
  • IO Donna: chi è Debra Haaland, la prima nativa americana nominata in un governo Usa
  • Vanity Fair: Deb Haaland, la prima nativa americana nel governo degli Usa
AMELIA SETTELE

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Gli stupri fantasma in Bolivia

(Bolivia) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie

Bolivia. La storia di cui narro in questo mio articolo si tinge di parole inequivocabilmente difficili, come: abuso sessuale, violenza e ingiustizia.

Bolivia. Sventurate protagoniste di questo caso sono più di 130 donne – ma il numero in realtà, potrebbe essere stato molto più alto – della comunità Mennonita di Manitoba in Bolivia, vittime di ripetuti e brutali stupri all’interno della loro confraternita religiosa, tra il 2005 e il 2009.

Bolivia. Chi sono i Mennoniti

Bolivia. I Mennoniti rappresentano tra le Chiese Anabattiste quella più numerosa. L’anabattismo – deriva dalla parola greca ἀνα (di nuovo) +βαπτίζω (battezzare) ovvero ribattezzatori, in tedesco Wiedertäufer – è un movimento religioso di formazione cristiana che nasce in Europa durante il XVI secolo, in seguito alla rivolta di Munster. Nello specifico i Mennoniti devono il nome al loro fondatore, l’Olandese Menno Simmons (1496 – 1561), figura di spicco tra gli anabattisti, considerato altresì un eretico dai Cattolici.

I Mennoniti fondamentalmente auspicano per un ritorno della Chiesa alle proprie origini, privata dal vero verbo lasciato da Cristo, perché “contaminata” da lotte intestine per il potere e la troppa teologia. Rifiutano il battesimo (soprattutto sui neonati) e per comprendere appieno la loro quotidianità dobbiamo immaginarci fermi al ‘500, infatti rifiutano: il progresso, l’elettricità e ogni forma di modernità.

Sono isolati il più possibile dal resto del mondo, ma l’approccio che riservano a chi non fa parte delle loro comunità è sostanzialmente molto pacifico. È loro scopo creare una collettività dove si viva rispettando criteri di sobrietà e carità, seguendo rigide regole comportamentali.

La musica come i giochi sono preclusi e non esistono passatempi. Non possono guidare auto o avere internet. Sono vietati alcool e contraccettivi. I pilastri della comunità si concentrano nel culto, nel lavoro e nell’accudire la propria famiglia.

La (triste) vicenda che ho deciso di narrare ha il proprio epicentro in Sud America, qui i Mennoniti – secondo un censimento del 2013 – sono più di 70.000 e in Paesi come la Bolivia appunto, ma anche in Paraguay e in Messico si sono insediate le più fiorenti, dogmatiche e conservatrici congregazioni di tutta l’America del Sud.

Principalmente discendono da Mennoniti Russi di origini fiamminga, tedesca e frisona. La lingua parlata è il plautdietsch – definita anche basso tedesco mennonita – è un groviglio tra Olandese, Tedesco e Frisone ed è classificata come una delle lingue minacciate di estinzione. All’interno delle Comunità tutti si esprimono solo in plautdietsch, inoltre molto spesso le donne mennonite conoscono solo questo lessico.

Bolivia. La comunità Mennonita e i suoi Demoni

Bolivia. Per molto tempo le vittime degli stupri hanno taciuto sulle aggressioni per pudore e paura. Ma il susseguirsi delle violenze carnali ha fatto sì che iniziassero a serpeggiare all’interno di Manitoba, inquietanti storie su potenti Demoni capaci di rapire e aggredire brutalmente le donne, nel cuore della notte.

Soprattutto quando le stesse perseguitate compresero di non essere le sole a vivere queste atroci esperienze, infatti condividendo i loro tormenti molte scoprirono che anche le proprie sorelle, madri e addirittura figlie celavano racconti agghiaccianti che non potevano più essere taciuti.

Le violenze carnali si svolgevano dopo il calar delle tenebre, quando il sole lasciava il posto all’oscurità che, grazie alla totale assenza di elettricità, si posava come un pesante manto nero e oscuro sulle abitazioni, permettendo ai Demoni di sopraggiungere e colpire come meglio volevano e quanto potevano, all’interno della Comunità.

Gli unici indizi che testimoniavano quanto accaduto si palesavano al risveglio. Le donne erano totalmente prive di validi ricordi, ma con segni tangibili e orrendi della notte appena trascorsa. Il loro corpo era l’unico messaggero che testimoniava in maniera inequivocabile quanto avveniva durante il sonno, privo di sogni.

C’è chi si risvegliava coperta di ematomi e nuda -pur essendosi coricata vestita- chi, invece, aveva sperma e sangue sul fisico e tra le lenzuola, come indizi che qualcosa, o qualcuno, le aveva profanate nel modo più vile e crudele. In alcuni casi, le vittime ricordavano di aver avuto incubi nei quali alcuni uomini le possedevano con forza in un campo buio per poi al mattino, ritrovarsi fili d’erba tra i capelli arruffati.

Molte di loro oltre alla completa assenza di memoria, si ridestavano con cefalee persistenti e dolori articolari, segni di legature sulle giunture e un intorpidimento pesante da smaltire, che le lasciava confuse per ore. Le vittime accertate sono state molte e variavano da giovani ragazze a donne più mature, e persino bambine.

Il corpo abusato più giovane in assoluto è stato quello di una bambina di appena 3 anni, a cui hanno rotto l’imene con un dito.

Gli stupri fantasma nella comunità hanno ferito l’anima e il fisico di molte donne, senza distinzione di età o aspetto. I Demoni che colpivano lo facevano per il gusto maledetto di profanare e abusare delle proprie vittime, senza rispetto alcuno e nella più completa libertà di sentirsi talmente tanto al sicuro da esser certi di non poter mai essere scoperti.

Bolivia. Chi ha violentato le donne?

Bolivia. Se la storia degli stupri fantasma iniziò ad avere voce con dei sussurri appena percettibili, l’insistenza con la quale i tragici eventi continuavano a susseguirsi costrinse molte famiglie delle vittime a chiedere aiuto al Consiglio Ecclesiastico della Comunità, formato da un gruppo di uomini che vigila sulla congregazione.

Purtroppo neppure questo gesto fu un significativo strumento che mise fine alle violenze o aiutò a far luce sulla verità, perché esaustive dichiarazioni come questa rilasciate dall’allora capo laico della Comunità Mennonita:

Sapevamo solo che di notte succedevano cose strane…Non sapevamo chi fossero. Come potevamo fermarli?” Abraham Wall Enns

lasciano poco spazio a dubbi su cosa e quanto si sia fatto per portare alla luce la verità e interrompere le aggressioni. È facile dedurre quindi che nessuno fece assolutamente nulla. Addirittura per giustificare questi assurdi fatti, si arrivò a ipotizzare che i Demoni colpissero per esempio chi non rispettava le austere regole all’interno della comunità. In alcuni casi si arrivò a pensare che la vittima avesse inventato tutto per coprire semmai una relazione clandestina; oppure ritennero più semplice additare le donne stuprate come soggetti con una “selvaggia immaginazione femminile”.

Nel Giugno 2009 venne finalmente scoperta l’identità dei Demoni di Manitoba. In realtà non avevano nulla di innaturale e mefistofelico! Erano due uomini della comunità colti in flagrante mentre tentavano d’introdursi in un’abitazione per compiere l’ennesima violenza carnale.

Durante l’interrogatorio iniziarono a confessare e anche grazie alle loro testimonianze, vennero arrestati altri nove uomini della comunità mennonita, di età compresa dai 19 ai 43 anni, che si dichiararono facenti parte del gruppo di stupratori seriali che dal 2005 colpiva nella comunità.

Durante le prime confessioni – che verranno in seguito ritrattate – raccontarono anche il modus operandi attraverso il quale riuscivano costantemente a rendere le vittime inermi e stordite a tal punto da non essere in grado di ricordare o di essere abbastanza attendibili da rilasciare valide testimonianze utili a una loro eventuale cattura, permettendogli di continuare a colpire indisturbati e a farla franca per così tanto tempo.

Il segreto era racchiuso in uno spray narcotizzante inventato da un veterinario di una comunità mennonita a loro vicina, prodotto per essere utilizzato sulle mucche, che gli aggressori usavano prima di colpire.

Dopo aver atteso che il buio calasse sulle abitazioni, entravano in azione spruzzando il composto chimico nelle finestre delle camere da letto dove dormivano la vittima prescelta e la sua famiglia. Attendevano che il potente rimedio facesse effetto per poi intrufolarsi nelle case e iniziare la mattanza. Potevano agire in gruppo o da soli, sempre col favore dell’oscurità.

La verità concreta e precisa venne palesata solo due anni dopo, nel 2011, quando ebbe inizio il processo che vedeva imputati questi uomini vili e meschini che diedero forma agli incubi peggiori, raccontando le nefandezze di cui si erano macchiati in tutti quegli anni.

Le deposizioni rilasciate furono orrende e dipinsero un quadro di violenze brutali. Anche se in via solamente ufficiosa, alcuni abitanti della colonia mennonita affermarono che a subire violenza carnale non furono solo le donne, ma anche uomini e ragazzi.

Gli imputati vennero ritenuti colpevoli e condannati a 25 anni di reclusione ciascuno, mentre il veterinario che li riforniva di spray anestetizzante fu condannato a 12 anni di prigione.

Come affermavo all’inizio del racconto, ufficialmente le vittime accertate sono state 130, ma si è sempre pensato che i numeri fossero più corposi e che la verità su cosa si celi dietro quest’inquietante storia non sia mai stata veramente svelata, visti i modi e i tempi di gestione della Comunità stessa, nei riguardi delle donne abusate.

Nessun supporto psicologico è stato offerto alle vittime, alle quali invece è stato imposto un impietoso silenzio disceso su tutta la comunità mennonita a seguito del verdetto di colpevolezza dei condannati:

Ci siamo lasciati tutto alle spalle… Preferiamo dimenticare, piuttosto che continuare ad averlo stampato in testa.”  Dichiarazione di Wall – leader civile della Colonia ai tempi dei processi.

Sono passati molti anni dagli eventi narrati eppure nell’incedere perenne del tempo, la storia ha più volte deciso di ricordare quest’angosciante vicenda, donando alle vittime degli stupri fantasma un vera e propria voce che inizialmente ha preso vita tra le pagine del bellissimo romanzo pubblicato nel 2018: “Donne che parlano”, di Miriam Toews – talentuosa scrittrice, nata in Canada in una comunità mennonita da cui fugge appena 18enne – nel quale l’autrice romanza la vicenda degli stupri fantasma nella setta mennonita boliviana; ispirando anni dopo il film: “Women Talking – il diritto di scegliere” candidato all’Oscar e già acclamato dalla critica e dal pubblico americano che esce nelle sale cinematografiche italiane, l’ 8 Marzo 2023.

Posso sinceramente suggerirvi di leggere il romanzo di Miriam Toews come di andare a vedere il lungometraggio ispirato dal libro, l’importante è non dimenticarsi di tutte le donne vittime degli stupri fantasma nella setta mennonita in Bolivia.

Il ricordo e l’attenzione permetteranno a questa storia di non ritornare ad essere solo sussurrata, perché è stata dannatamente reale tanto da non risultare così impossibile immaginare che quei Demoni siano ancora in mezzo a loro…

Siamo donne senza voce, afferma Ona, pacata.
Siamo donne fuori dal tempo e dallo spazio,
non parliamo nemmeno la lingua del paese in cui viviamo.
Siamo mennonite senza una patria.
Non abbiamo niente a cui tornare,
a Molotschna perfino le bestie sono più tutelate di noi.
Tutto quello che abbiamo sono i nostri sogni – per forza che siamo sognatrici”.

(Donne che parlano – Miriam Toews)

Fonti:

  • The Universal: “Come vivono i Mennoniti, la comunità religiosa che rifiuta l’elettricità”
  • Vice: “Gli stupri fantasma della Bolivia”
  • Wikipedia: “I Mennoniti della Bolivia”
  • Wikipedia: “I Mennoniti”
  • Marcos Y Marcos: “Donne che parlano” di Miriam Toews
  • La Repubblica: “Le figlie di Manitoba”
AMELIA SETTELE, Bolivia

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Spagna: quando i bambini venivano venduti in nome di Dio

(Spagna) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie

Spagna, quando i bambini venivano venduti in nome di Dio. La storia del “commercio” segreto dei neonati che ha coinvolto Suore e Personale Sanitario nel Paese Spagnolo.

SI SOSPECHAS QUE PUEDES HABER SIDO VÍCTIMA DEL ROBO DE RECIÉN NACIDOS CONTACTA CON NOSOTROS. Por cualquier mínima sospecha que tengas, ya sea como padres que perdieron a su bebé, o hijos que ha sido dados en adopción, puedes ser víctima del robo de recién nacidos que ha tenido lugar en toda España.

SE SOSPETTI DI ESSERE STATO VITTIMA DI UN FURTO NEONATALE, CONTATTACI. Per ogni minimo sospetto che hai, sia come genitori che hanno perso il loro bambino, o bambini che sono stati dati in adozione, puoi essere vittima del furto di neonati che ha avuto luogo in tutta la Spagna.

Spagna. Non lascia spazio a dubbi l’annuncio che accoglie il visitatore sulla pagina ufficiale del sito: sosbebesrobadosmadrid.com – finestra digitale gestita dall’Associazione omonima (SOS bambini rubati Madrid), senza scopo di lucro, fondata come luogo d’incontro e di ricerca tra persone che hanno avuto problemi inerenti a decessi neonatali dubbi e adozioni irregolari avvenuti negli ospedali e in alcune cliniche Spagnole, a partire dal periodo Franchista fino agli anni ‘90.

Ho citato solo una tra le associazioni più famose che continuano a cercare la verità, ma la lista è lunga come lo è purtroppo il numero degli sfortunati protagonisti di questa vicenda per la quale, ancora oggi, molte persone tentano di rintracciare e abbracciare il proprio figlio, fratello, o genitore da cui è stato forzatamente separato.

A tutti gli effetti questa è una storia che sembrerebbe la trama perfetta di un romanzo dai toni inquietanti e angosciosi. Invece è tutto insopportabilmente vero e ci trascina tra le pieghe profonde e viscose della triste compravendita di neonati avvenuta in Spagna a opera di una rete corrotta e ben consolidata tra Suore, Medici specialisti e personale infermieristico. Una vera e propria organizzazione in grado di guadagnare cifre da capogiro attraverso il rapimento e la vendita di neonati.

Secondo una stima approssimativa circa 300.000 bambini appena venuti al mondo, sono stati strappati in modo subdolo e meschino dalle braccia delle proprie madri, per essere donati – solo successivamente, il lucro divenne parte integrante di questo ignobile mercato- a famiglie ritenute idonee, consenzienti ed elargenti.

Spagna. Ma come e soprattutto perché, nasce questo vergognoso traffico di esseri umani?

Spagna. Tutto ha inizio durante la Dittatura Militare Franchista (1939-1975) instaurata dal Generale Francisco Franco (Ferrol, 4 Dicembre 1892 – Madrid, 20 Novembre 1975) che guidò la Spagna sotto un regime dittatoriale di stampo fascista che prese il nome di Franchismo.

Il Generale Franco diede al suo governo un modello: autoritario, tradizionalista e clericale. Ripristinò anche la Monarchia, per la quale si autoproclamò:

Reggente – per reggenza s’intende la sovranità esercitata da una persona diversa dal Monarca – e Caudillo – parola spagnola il cui significato è: Capo Militare che assume poteri assoluti. Termine divenuto nel tempo oltre che sinonimo del Generale Franco anche appellativo conforme a Fuhrer e Duce conducendo il Paese in una spirale di terrore e totalitarismo.

Ad avviare la tratta di neonati fu proprio il Generale Franco che autorizzò un tale abominio, sfruttandolo come vera e propria forma di repressione politica.

Subivano infatti questa crudeltà solo le madri sospettate di avere ideologie Comuniste, Anarchiche, Repubblicane o comunque lontane da quelle del regime. Anche le donne la cui appartenenza a nuclei familiari considerati “oppositori” al Generale, venivano colpite in questo modo bieco e disumano. 

Il neonato sottratto veniva affidato a genitori “idonei” a crescerlo, essendo conformi e fedeli al regime Franchista, sotto tutti i suoi aspetti: politico, sociale e religioso.

Il Dittatore era anche supportato dalla “Tesi del Morbo Rosso” formulata e divulgata da uno dei suoi consiglieri più fidati, lo psichiatra Antonio Vallejo-Najera (1889-1960).

Lo psichiatra, dopo aver soggiornato in Germania, entrando in contatto con ambienti dove già si discuteva di pulizia etnica e di superiorità tra le razze, aveva pensato bene di formulare la bislacca teoria “del Morbo Rosso” nella quale farneticava di valenze scientifiche che comprovavano una trasmissione di virus, come di una malformazione cerebrale, che colpiva solo e soltanto le persone dissidenti e/o Comuniste (Los Rojos – I Rossi).

Un virus per cui non esistevano cure e da cui se si veniva contagiati, non si poteva guarire. Un morbo da cui i bambini dovevano essere allontanati e protetti per evitare il “contagio della Ribellione”.

Il 17 Ottobre 1941 il Dittatore Franco modifica la legge sulle adozioni: i figli dei dissidenti incarcerati devono essere trasferiti negli orfanotrofi gestiti dalla Chiesa, dove viene accertata la loro “adottabilità” per le famiglie dichiaratamente conformi al regime, ovvero: cattoliche praticanti, eterosessuali e politicamente fedeli al sistema.

Ha così inizio il coinvolgimento della Chiesa in questa pagina nera della storia spagnola.

L’organizzazione funziona bene e la collaborazione tra alcuni organi di Stato e le strutture religiose ospitanti, continua anche dopo la caduta del Regime Dittatoriale avvenuta nel 1975. Quella che era nata come una mostruosa e terrificante macchina di propaganda franchista, si trasforma in un vero e proprio affare sempre più redditizio.

Spagna. Perché donarli, quando si possono vendere e guadagnarci?

Spagna. Avendo la possibilità di lavorare sia negli Ospedali che negli Orfanotrofi, le Suore acquisiscono un ruolo di assoluta rilevanza all’interno del sistema vizioso in quanto ricoprono incarichi di notevole spicco in quest’ingranaggio diabolico, che le vede in grado sia di riuscire a falsificare i certificati di nascita e morte dei bambini rapiti, sia di ottenere la fiducia delle vittime più facili da irretire per avere neonati da vendere.

Le ragazze madri per esempio, rappresentano l’offerta migliore in quanto nella maggior parte dei casi sono fortemente indigenti e (spesso) profondamente credenti. Un connubio perfetto verso il quale porgere una mano nel momento più delicato.

Molte volte le giovani non hanno un’istruzione adeguata e sono completamente sole; le famiglie le allontanano per la vergogna di vederle generare un figlio fuori dal matrimonio. Ma anche quando accanto alla donna incinta non manca una figura maschile pronta a diventare padre, è sempre la bassa estrazione sociale a spingere le religiose a selezionarli per il proprio abominevole scopo.

È come se la penuria li rendesse prede più facili da colpire e gestire. Altresì i Medici specialisti sono coloro che spesso attirano alcune tipologie di coppie – soprattutto quelle dichiarate sterili- ad avvalersi del loro aiuto per poter avere un bambino da crescere e amare (ovviamente dopo aver elargito un lauto compenso).

La rete d’illusione e bugie – creata e supportata da medici e figure religiose corrotte e senza scrupoli- riescono a convincere le partorienti prescelte a recarsi nei centri ospedalieri da loro gestiti, dove poi poter sottrarre il bambino appena nato in tutta tranquillità, semmai fingendo un travaglio iniziato bene ma finito in tragedia per rivenderlo subito dopo alla coppia pagante che rimaneva in attesa di avere il piccolo tra le proprie braccia. 

Molte volte le partorienti venivano sedate per impedire loro di avere ricordi utili da sfruttare per comprendere cosa fosse accaduto realmente negli attimi concitati successivi alla nascita del figlio.

Subito dopo si dava alla giovane madre l’infausta notizia, ostentando un certificato di morte completamente falso e mostrato (qualora la partoriente riuscisse ad avere la forza di vederlo) il corpo di un neonato sì deceduto, ma nella realtà non suo.

Durante lo scandalo e le inchieste molte tombe di bambini di cui si sospettava una dichiarazione di morte falsa, vennero fatte riesumare. In molti casi i sepolcri hanno restituito bare vuote, oppure con dei resti umani che non erano del bambino seppellito lì ufficialmente. Addirittura furono rinvenuti mucchi di pietre al posto dei corpi e persino l’arto inferiore di un soggetto adulto!!

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Spagna. Le voci “mute” delle madri dei “ninjos rubados”.

Spagna. Per molto tempo le voci delle madri dei “ninjos robados” (bambini rubati) hanno cercato di farsi sentire. Con forza, caparbietà e lungimiranza queste donne hanno provato a capire cosa fosse davvero successo subito dopo il parto, ma hanno sempre trovato un muro di silenzio e omertà. 

Non dimentichiamo che la Dittatura Franchista anche dopo la sua caduta lasciò impresse dietro di sé per molto tempo, l’eco della paura e del silenzio agevolando di fatto, situazioni abominevoli come questa.

Complice anche la “Ley de Amnistia” (Legge dell’Amnistia) approvata nel 1977, il commercio dei ninjos robados non trova forze giuridiche utili, per riuscire a essere fermato e condannato.

Intanto il tempo passa, altri bambini spariscono dalle culle per essere adagiati tra le braccia di sconosciuti che li hanno comprati.

C’è inoltre da sottolineare che attraverso alcune testimonianze dei genitori adottivi, si è scoperto che di frequente quest’ultimi venivano convinti che il bambino affidato loro, era stato dato in adozione perché la madre era una prostituta o entrambi i genitori erano tossici ed eroinomani; e che la quota versata era da ritenersi una “semplice” donazione. Sotto certi aspetti, sia i genitori adottivi che quelli biologici hanno subìto lo stesso trattamento fondato su falsità e puro profitto.

Di tutta la fitta rete di personaggi angoscianti che popolano questa triste vicenda risaltano tra gli altri, due nomi chiave che si sono fatti strada tra le oscure trame che avvolgono la vendita dei bambini in Spagna, e sono: il medico Eduardo Vela e Suor Maria Gomez Valbuena.

Il dottor Eduardo Vela, medico ed ex ginecologo della Clinica San Ramon di Madrid.

Durante la dittatura franchista diventa miliardario non lavorando solo in campo sanitario, ma facendo affari e fondando società vicinissime al regime.

Il suo nome campeggia tra gli altri perché – ancora oggi – rimane l’unico medico ad essere finito davanti a un Tribunale con l’accusa di sottrazione di minore. Quando nel 1982 partono le prime inchieste, Vela intesta tutto alla moglie che risulta essere milionaria mentre lui diventa nullatenente, autorizzando anche il cambio di nome alle società a lui intestate.

Nel 2010 inconsapevolmente, dichiara a dei giornalisti de ElmundoTV che si sono finti bambini adottati, di aver distrutto gli archivi nei quali venivano conservati i nomi delle madri biologiche e di quelli dei genitori adottivi. Eliminando di fatto, una delle possibilità più concrete per dare volti e abbracci alle vittime di questa tratta. Solo nel 2018, ormai 85enne, è stato accusato da Ines Madrigal – 49enne, dipendente delle ferrovie – di averla strappata dalle braccia della madre biologica, falsificando il suo atto di nascita.

Accuse inoltre supportate dalla testimonianza sconvolgente della madre adottiva della Madrigal, Ines Perez (ormai scomparsa). Quest’ultima dichiarò che: dopo aver scoperto di non poter avere figli naturali seguì il suggerimento del Dott.re Vela, il quale le propose d’inscenare una gravidanza nell’attesa di poter abbracciare un neonato che le avrebbe fornito lui stesso, con tanto di certificazione di nascita adeguata e conforme alla legge.

In sede processuale Vela depose dicendo di non ricordare molto dell’accaduto, visto che i fatti risalirebbero al 1969 e di non riconoscere neppure la sua firma sul certificato di nascita della Madrigal. 

“Non è la mia firma, non ricordo” poche parole che di nuovo spingono prepotentemente la verità verso recessi troppo oscuri da illuminare per rendere giustizia non solo alla storia di Ines Madrigal, ma anche a quella di tutti gli altri bambini passati tra le mani del ginecologo in questione che ha anteposto il suo giuramento, alla cupidigia del vile denaro.

Suor Maria Gomez Valbuena, definita il braccio destro di Vela.

Arrestata nel 2012 e ritenuta un elemento cardine nell’organizzazione che orchestrava i furti dei neonati, non ha mai contribuito alle indagini perché si è costantemente avvalsa della facoltà di non rispondere. Le Figlie della Carità di San Vincenzo Paolo II dichiarano che Suor Maria Valbuena – 87enne e già gravemente malata – muore il 22 Gennaio 2013.

Il certificato di morte della religiosa viene firmato dal Dott.re Enrique Berrocal Valencia, ma arriva in Tribunale con anomalie significative e inspiegabili ritardi. Le irregolarità di stesura e convalida del certificato di morte fanno insospettire molte persone sul reale decesso della Suora.

In finale sarebbe l’ennesimo certificato alterato e falsificato che condurrebbe al suo nome. Nonostante i sospetti e le reali incongruenze sulle certificazioni presentate, il processo contro Suor Maria viene chiuso e archiviato, lasciando però lo spiraglio di una riapertura qualora nuovi indizi conducessero all’acquisizione di prove e di indagati.

Quello che rimane impresso accanto ai nomi del dottor Vela e di Suor Maria è che la compromissione di tutta questa narrazione non macchia solo la sfera religiosa, ma anche quella etica e morale.

Spagna. La storia non si ferma e travalica i confini spagnoli

Spagna. Nel 2011 lo sconvolgente documentario targato BBC conduce la storia a un’altra verità agghiacciante: molti neonati sono stati ceduti a coppie residenti all’estero, portando di fatto la storia ad allargarsi a macchia d’olio, anche fuori dai confini del Paese Spagnolo.

La legge sulle adozioni:
Solo nel 1987 con la Legge sull’adozione viene garantita ai bambini la giusta e doverosa protezione dello Stato e della Pubblica Amministrazione, durante tutto l’iter utile al processo d’adozione. Inoltre nel 1996 una legge che attua una protezione giuridica del minore decreta il diritto del bambino adottato, di poter conoscere i propri genitori biologici. Autorizzando di fatto tutte quelle persone che, nel dubbio, vogliono provare a scoprire se sono stati sottratti alle proprie famiglie biologiche o meno.

Sotto molti aspetti il silenzio continua ad aleggiare su questa storia infame. A tutt’oggi la Conferenza Episcopale Spagnola non rilascia alle autorità preposte le agende personali di Suor Maria, dove sarebbe facilmente possibile ricollegare ai nomi dei genitori biologici e adottivi quella dei bambini rubati, così da poter finalmente districare molta di questa matassa, ponendo fine alla crudeltà dell’opera perpetrata anche in nome di Dio.

Dopo aver narrato il genocidio culturale attuato nelle Residential Schools in Canada (articolo qui), speravo fosse difficile incontrare di nuovo nella narrazione di avvenimenti storici di tale complessità e portata queste figure religiose. Mi sbagliavo…

Tra i sinonimi della parola Madre c’è quello di Mamma, ma anche quello di Sorella – come appellativo evocativo che si premette ai nomi delle Suore.

L’accostamento in questo caso, mette i brividi. Non si può pensare di commettere crimini simili, accostandoli al nome di Dio.


Fonti:

  • The Vision: “La storia segreta di come le suore abbiano nascosto la vendita di migliaia di bambini in Spagna”
  • El Diario Vasco: ”El certificado de defunción de sor María levanta sospechas sobre su muerte”
  • La Stampa: ”Spagna, inchiesta BBC: migliaia di neonati rubati durante il franchismo”
  • Prealpina: ”Spagna, al via primo processo sui “neonati rubati” del franchismo”
  • L’indro: “ Spagna: il business dei bambini rubati”
  • Il Giornale.it: “Il medico che rapiva i bambini, così la Spagna processa i fantasmi del suo regime”
AMELIA SETTELE

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Ugo Iginio Tarchetti, scapigliatura and more

(Tarchetti) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Persone e Storie e Pillole di cultura

Tarchetti breve biografia dello scrittore. Iginio (a volte chiamato anche Igino) Ugo Tarchetti nacque a San Salvatore Monferrato, nei pressi della città di Alessandria, il 29 giugno del 1839.

Morì a Milano il 25 marzo del 1869 a nemmeno trent’anni compiuti.

Fu scrittore e poeta, nonché giornalista e imprenditore editoriale, attività per la quale si trovò a proporre al pubblico un proprio periodico, Il Piccolo giornale, ma senza successo.

Come giornalista collaborò con testate come Il gazzettino rosaIl giornale per tuttiIl pungoloLa settimana illustrata e Rivista minima.

All’anagrafe venne registrato con il nome di Igino (o Iginio) Pietro Teodoro Tarchetti ma si firmava con il nome Igino.

Dal 1864 aggiunse anche lo pseudonimo Ugo in onore del Foscolo.

Compì il suo corso di studi fra Casale Monferrato e Valenza Po, arruolandosi assai presto nell’esercito.

Partecipò già dal 1861 ad alcune campagne contro il brigantaggio nel Sud Italia nel neonato Regno d’Italia.

Del Tarchetti si narra, nelle cronache dell’epoca, che fosse un bell’uomo, alto oltre un metro e ottanta (una statura ragguardevole per quei tempi), dal volto ovale, naso dritto e intensi occhi azzurri.

Sicuramente un uomo che si faceva notare per il suo aspetto fisico e che era capace di attirare l’attenzione del gentil sesso scatenando non di rado grandi passioni nei suoi confronti.

Prova ne sia che nel 1863, in quel di Varese, il Tarchetti ebbe una relazione sentimentale con Carlotta Ponti che ci è stata tramandata dalle lettere del suo epistolario.

Nel 1864 Iginio Tarchetti si trasferì a Milano dove ebbe modo di entrare in contatto con l’ambiente della Scapigliatura.

In particolar modo con Salvatore Farina di cui divenne un grande amico, quasi un fratello si narrava.

Alla fine del 1865 venne inviato a Parma a seguito del suo incarico di impiegato al commissariato militare.

Nella città ducale conobbe una parente di un suo superiore (tale Carolina o Angiolina, le fonti sono discordi in merito).

Carolina era una donna malata di epilessia e che si diceva fosse ormai prossima alla morte.

Tarchetti si invaghì subito di questa donna, sebbene non fosse particolarmente bella, forse attratto dai grandi occhi neri e le trecce color ebano.

O più probabilmente, com’egli ebbe a scrivere, il desiderio di consolarla e di rendere meno miserevole la sua fine lo spinse verso la donna.

La relazione che s’instaurò fra tale Carolina (o Angiolina) e il Tarchetti creò grande scandalo all’epoca.

Pare certo che fu proprio ispirandosi a lei che tratteggiò il personaggio di Fosca nell’omonimo romanzo del 1869.

Proprio alla fine di quell’anno (il 1865) Iginio Tarchetti abbandonò la vita militare per problemi di salute e si trasferì in modo definitivo a Milano.

Città dove aveva già risieduto l’anno precedente e dove aveva scritto Idee minime sul romanzo e il romanzo (di scarso successo) Paolina.

Entrambi i testi furono pubblicati sulla Rivista minima in quell’anno.

Sino alla sua morte, avvenuta nel 1869, il Tarchetti visse e lavorò a Milano, frequentando gli ambienti culturali meneghini.

In particolar modo il salotto culturale della Contessa Clara Maffei.

Sebbene il soggiorno milanese sia durato davvero poco (poco più di tre anni in definitiva), fu davvero intenso dal punto di vista letterario e giornalistico nonostante fosse malato di tisi.

Tarchetti morì il 25 marzo del 1869 in seguito a una febbre tifoide nella casa del suo amico fraterno Salvatore Farina.

Amico con il quale aveva condiviso già dal 1864 gli ambienti della Scapigliatura milanese.

Fu sepolto nel Cimitero Monumentale di Milano e solo in un secondo tempo la salma venne trasferita e tumulata nel cimitero di San Salvatore Monferrato.

Le cronache dell’epoca narrano che la donna malata di epilessia di cui si era perdutamente innamorato a Parma nel 1865.

Carolina o Angiolina quale che fosse il suo nome, non solo gli sopravvisse, ma onorò la sua memoria recapitando fiori sulla sua tomba il 1° novembre di ogni anno.

Tarchetti

Tarchetti. Attività letteraria

Tarchetti fu sicuramente uno dei più importanti esponenti della Scapigliatura milanese.

Movimento che cominciò a frequentare dal 1864 durante il suo primo soggiorno milanese quando conobbe l’amico fraterno Salvatore Farina.

Il Tarchetti fu senza dubbio un anticonformista, malinconico e preda di fantasie macabre (che hanno poi dato vita ai racconti fantastici).

I suoi scritti spaziano dai romanzi ai racconti, dalle poesie agli articoli giornalistici.

Scrisse opere di critica sociale (spesso a supporto dell’antimilitarismo) ma anche racconti ispirati ai grandi del tempo come Edgar Allan Poe e Ernst Thomas Amadeus Hoffmann.

Autori dai quali attinse il gusto per il macabro, l’abnorme e il patologico (oggi noi lo chiameremmo horror).

Il suo capolavoro fu però il romanzo Fosca (ispirato alla sua amata Carolina/Angiolina) che venne terminato postumo.

Fu infatti ultimato dopo la sua morte dall’amico fraterno Salvatore Farina.

Tarchetti. Fra i romanzi ricordiamo

  • Paolina. Mistero del coperto del Figini: romanzo di critica sociale pubblicato sulla Rivista minima dal 1865 al 1866.
  • Una nobile follia (Drammi di vita militare), romanzo antimilitarista pubblicato su Il sole dal 1866 al 1867.
  • Fosca, romanzo incompiuto, terminato poi dall’amico Salvatore Farina, pubblicato prima sul Pungolo dal febbraio all’aprile del 1869 e poi in volume sempre nel 1869.

Tarchetti. Fra i racconti citiamo

  • Amore nell’arte, racconti sul tema dell’arte, della musica e dell’amore (1869)
  • Racconti fantastici, raccolta di racconti (1869)
  • Racconti umoristici, raccolta di racconti (1869)
  • Storia di una gamba, racconto lungo (1869)

Tarchetti. Altre pubblicazioni

  • Idee minime sul romanzo, pubblicato su Rivista minima nel 1865
  • L’innamorato della montagna, Impressioni di un viaggio (1869)
  • Disjecta, raccolta postuma di poesie (a cura di Domenico Milelli, 1869)

Romanze

  • L’amore sen va – L’amore sen viene, versi di Iginio Ugo Tarchetti, musica di Francesco Paolo FrontiniA. Tedeschi.
  • Non me lo dir, versi di Iginio Ugo Tarchetti, musica di Francesco Paolo Frontini (1878)

Traduzioni

  • L’amico comune (Our Mutual Friend) di Charles Dickens, 1868 (prima traduzione italiana)

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Addio Piero Angela, non ti dimenticheremo mai!

(Piero Angela) Articolo scritto da Cecilia S.D. Rossi per Persone e Storia

Se n’è andato lasciando un vuoto incolmabile, a 93 anni si è spento Piero Angela

Qui solitamente non riserviamo spazio agli addii o ai saluti di chi ha lasciato questo mondo, soprattutto per scelta editoriale perché riteniamo che la morte debba essere un evento da rispettare silenziosamente e il momento dell’estremo addio una cosa molto intima che non può essere sbandierata ai quattro venti.

Piero Angela

Per lui, però, abbiamo fatto un’eccezione perché Piero Angela era un padre culturale per tutti noi.

Ha dato l’annuncio della dipartita il figlio Alberto Angela con un messaggio su Facebook e su tutti i canali social sta girando l’augurio di buon viaggio che Alberto ha fatto al padre.

Piero Angela aveva 93 anni ma era ancora attivo ed è stato un punto di riferimento culturale per diverse generazioni. Innovatore, geniale ed eccellente comunicatore lascia un vuoto incolmabile nel mondo della cultura e della conoscenza.

Piero Angela

La redazione tutta vive un grave lutto e si stringe in un messaggio diretto a Piero che siamo certi potrà sentire: “Addio e grazie per tutto ciò che ci hai dato.

Non ti dimenticheremo mai!”.

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