Residential Schools, un vergognoso genocidio dimenticato
(Residential Schools) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie, Fatti e società e La Forza di indignarsi Ancora
Ascolta “La Forza di Indignarsi Ancora. Puntata 8 – Residential Schools, il genocidio dimenticato” su Spreaker.Un sistema scolastico volto a “civilizzare” i figli dei Popoli Indigeni Canadesi ovvero le Residential Schools.
SOMMARIO
- Residential Schools. Come sono nate
- Residential Schools. Cosa s’insegnava in quei collegi?
- Residential Schools. Oltre 150.000 bambini, 6.000 morte accertate
- Residential Schools. Thuth and Reconciliation Commission
- Residential Schools. Oltre il genocidio, il lucro
- Residential Schools. Una richiesta
Le prime Residential Schools vennero inaugurate in Canada nel 1876.
Per Residential Schools s’intende un sistema scolastico basato su una rete di collegi istituiti per “civilizzare” i figli dei Popoli Indigeni Canadesi: Inuit, First Nations, Metis.
In questi Istituti si è perpetrato un vero e proprio genocidio, sistematico e culturale.
Un genocidio, dimenticato dalla storia.
Residential Schools. Come sono nate
Le Residential Schools vennero fondate dall’Indigenous and Northern Affairs Canada, struttura governativa Canadese, dopo l’approvazione dell’Indian Act del 1876 – principale Legge canadese sugli Indiani, nella quale veniva definito chi fosse “indiano” e quali diritti e divieti avessero i nativi canadesi registrati.
Gli Istituti venivano amministrati e gestiti da alcune organizzazioni religiose come la Chiesa Cattolica Canadese, la Chiesa Anglicana Canadese e la Chiesa Unita del Canada.
Per la precisione le Residential Schools sul territorio Canadese erano 118 – di cui 79 dipendevano direttamente dalla Santa Sede.
Residential Schools. Cosa s’insegnava in quei collegi?
S’istruivano gli aborigeni a diventare dei “bravi occidentali”.
Si perpetrava una colonizzazione più che subdola e incisiva perché: obbligando i bambini a separarsi dalle rispettive famiglie, s’interrompeva di fatto ogni forma di coinvolgimento emotivo, educativo e culturale con le proprie radici.
S’impediva così la trasmissione e l’insegnamento della lingua, del patrimonio ancestrale di questi popoli alle loro nuove generazioni.
Tutto spacciato per “civilizzazione“, ma la storia che si nasconde tra quelle mura è di ben altra natura e sussurra, grida, scalcia per essere ricordata.
Perché nelle Residential Schools i bambini furono vittime di: umiliazioni verbali, abusi fisici, violenze sessuali, sperimentazioni di psicofarmaci, omicidi, sterilizzazioni.
Si millantava civilizzazione. Si attuavano nefandezze di ogni genere.
Residential Schools. Oltre 150.000 bambini, 6.000 morte accertate
Le informazioni raccolte e archiviate ci riportano ad un numero impressionante di piccole vittime.
Nel corso dei 120 anni in cui le Residential Schools furono operative, vennero allontanati dalle proprie famiglie più di 150.000 bambini.
6000 furono le morti accertate.
Circa 50.000 i bambini che invece scomparvero letteralmente nel nulla e più di 30.000 furono le cause inoltrate per abusi e violenze sessuali.
Nel 1907 la testata giornalistica “Montreal Star” pubblicò un’inchiesta nella quale si evidenziava che circa il 40% dei bambini ospitati nelle strutture moriva prima dei 16 anni.
Definì la situazione “una vergogna nazionale.”
Ma nulla mutò.
Anche nel 1912, Peter Bryce – medico e funzionario del Dipartimento della Salute in Ontario – denunciò quanto avveniva all’interno degli istituti, pubblicando il saggio: The Story of a National Crime: Being an Appeal for Justice to the Indians of Canada; the wards of the nation, our allies in the Revolutionary War, our brothers-in-arms in the Great War.
Ma nulla cambiò.
Residential Schools. Thuth and Reconciliation Commission
Perché nel corso di tutti questi anni, nessuno – dai familiari dei bambini, agli inservienti, alle istituzioni stesse, come alle figure religiose all’interno delle Scuole Residenziali – ha mai fatto nulla di concreto per fermare il genocidio?
Esplicativa è questa frase estratta dalla sintesi del rapporto finale della Truth and Reconciliation Commission (TRC: Commissione per la verità e la riconciliazione del Canada):
“Il governo canadese ha perseguito questa politica di genocidio culturale perché desiderava liberarsi dei suoi obblighi legali e finanziari nei confronti degli aborigeni e ottenere il controllo della loro terra e delle loro risorse. Se ogni persona aborigena fosse stata “assorbita nel corpo politico”, non ci sarebbero state riserve, trattati e diritti degli aborigeni.”
Ma voglio essere ancora più icastica per permettere alla verità di risaltare tra le pagine di questa storia, affermando che il sistema legislativo canadese non permetteva nessuna alternativa di miglioria o sospensione di questo programma, non tutelava le famiglie né tantomeno i bambini perché le vecchie normative canadesi dichiaravano che:
- Gli Aborigeni erano legalmente e moralmente inferiori (istituiva le Residential Schools anche per questo)- Federal Indian Act del 1874. Legge attualmente in vigore.
- Le famiglie indigene erano obbligate legalmente a firmare un documento che trasferiva i diritti di tutela suoi propri figli, alle scuole residenziali cristiane – Gradual Civilization Act, Legge del 1857. Inoltre chi rifiutava di firmare tale documentazione, veniva arrestato e perseguito con sanzioni economiche.
Il trasferimento legale dei diritti sui minori, comportava anche il trasferimento dei beni territoriali di quest’ultimi, in caso di morte.
Residential Schools. Oltre il genocidio, il lucro
Appena raggiunta la pubertà, molti gruppi di “ospiti” venivano sterilizzati.
Nel 1933 venne abrogata la Sterilization Law che ha permesso una poderosa e organizzata castrazione di massa dei ragazzi e ragazze nativi.
Nella British Columbia – provincia più Occidentale del Canada – la Sterilization Law è ancora attiva.
“Voglio sbarazzarmi del problema indiano. Non credo che il paese debba proteggere continuamente una classe di persone che sono in grado di stare da sole … Il nostro obiettivo è continuare fino a quando non ci sarà un solo indiano in Canada che non sia stato assorbito nel corpo politica e non c’è questione indiana, e nessun dipartimento indiano, questo è l’intero oggetto di questo disegno di legge.” Duncan Campbell Scott, Dipartimento degli affari indiani, 1920.
L’ultima Residential Schools venne ufficialmente chiusa nel 1996.
Il Governo Canadese ufficializzò le scuse alle Popolazione Indigene, per quanto accaduto nelle Residential Schools, solo nel 2008.
Istituendo anche la “Truth and Reconciliation Commission” – Commissione di Verità e Riconciliazione- che non essendo stata dotata di poteri legislativi e giudiziali sufficienti, non ha potuto indagare in modo concreto sugli abusi testimoniati, o agire con procedimenti legali efficienti per arrestare i colpevoli.
Nella legge finanziaria del 2010 il Governo Canadese s’impegnava a risarcire economicamente le vittime e le loro famiglie, supportandoli anche nel percorso psicologico ed emotivo.
A tutela delle testimonianze raccolte e visto il disaccordo nato tra le commissioni per i risarcimenti delle vittime, la Corte Suprema Canadese nel 2017 ha dichiarato che: le deposizioni raccolte durante i processi per il risarcimento su abusi e violenze, verranno conservate per 15 anni e poi distrutte.
A meno che, su esplicita richiesta dei legittimi interessati, la documentazione non venga archiviata e conservata.
La verità sulle Residential Schools ha lottato per essere scritta fra le pagine della Storia – tra denunce, tracce e tenacia – ma resta ancora oggi il fatto che nessun uomo o donna (mandante o esecutore) che abbia perpetrato questi crimini ne ha mai pagato le conseguenze.
È stata ammessa la verità, riconosciute le vittime, ma non perseguiti i carnefici.
I sopravvissuti ancora oggi portano cicatrici visibili sul corpo e quelle ancora più profonde nell’anima e non smettono di chiedere giustizia, anche in nome di chi ha perso la vita dentro quelle strutture.
Residential Schools. Una richiesta
Gli anziani del Consiglio hanno espressamente fatto questa richiesta:
[…] identificare il posto dove sono sepolti i bambini morti, affinché i loro resti vengano restituiti ai familiari per una degna sepoltura […], di identificare e consegnare le persone responsabili per queste morti […], di divulgare tutte le prove riguardanti questi decessi e i crimini commessi nelle scuole residenziali, consentendo il pubblico accesso agli archivi del Vaticano ed ai registri delle altre chiese coinvolte[…], di revocare le bolle pontificie Romanus Pontifex (1455) e Inter Caetera (1493), e tutte le altre leggi che sanzionarono la conquista e la distruzione dei popoli indigeni non-cristiani nel Nuovo Mondo[…], di revocare la politica del Vaticano che richiede che vescovi e preti tengano segrete le prove degli abusi subiti da bambini indigeni nelle loro chiese invitando le vittime al silenzio.
Dal 1876 al 1996…Tutto in nome della “civilizzazione“.
“Ho sempre incolpato la scuola residenziale per aver ucciso mio fratello. Dalton era il suo nome. Non li ho mai, mai, mai e poi mai perdonati. Non so se mio padre e mia madre abbiano mai saputo come è morto, ma non l’ho mai scoperto. Ma so che è morto laggiù. Mi hanno permesso di [andare] a vederlo una volta prima che morisse, e non mi conosceva nemmeno. Era un ragazzino, sdraiato nel letto in infermeria, morente, e non lo sapevo finché non è morto. Sai, quella fu la fine della mia educazione.” Ray Silver, da “The Survivors Speak: A Report of the Truth and Reconciliation Commission of Canada
Fonti:
- Ytali: il genocidio dimenticato
- Indigenous Peoples Atlas of Canada: History of Residential Schools
- Il mondo degli archivi: il complesso retaggio delle Residential Schools in Canada
Il vulnus democratico delle candidature multiple
(candidature multiple) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Politica e Geopolitica
La recentissimma presentazione delle liste elettorali per le elezioni dei rappresentanti italiani al Parlamento Europeo hanno riportato alla luce il problema delle candidature multiple e di come questa prassi metta seriamente in pericolo la libertà di scelta da parte dell’elettore.
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Operazione Babylift. Scatole da scarpe e bambini Vietnamiti
(Operazione Babylift) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie, Fatti e società e La Forza di indignarsi Ancora
Ascolta “La Forza di Indignarsi Ancora. Puntata 7 – L’operazione Babylift” su Spreaker.Tra il 3 e il 26 Aprile 1975 venne attuata l’operazione di evacuazione denominata “Babylift” (ascensore per bambini).
SOMMARIO
- Operazione Babylift. Una costola di “Operation New Life”
- Operazione Babylift. Solo neonati e bambini
- Operazione Babylift. Distacco doloroso
- Operazione Babylift. Un disastro terribile
- Operazione Babylift. Polemiche
- Operazione Babylift. Operation Reunite
La guerra del Vietnam fu un conflitto cruento molto lungo che durò circa vent’anni: dal 1 Novembre 1955 (data di costituzione del Fronte di Liberazione Nazionale Filo-Comunista) al 30 Aprile 1975 (caduta di Saigon) che vide l’esercito Americano supportare il governo del Vietnam del Sud e combattere le milizie del Vietnam del Nord.
Uno scontro che ha delineato la storia di entrambi i paesi coinvolti e per il quale sotto alcuni aspetti il mondo ancora oggi, ascolta gli echi e vive le sue conseguenze.
In Vietnam il conflitto viene anche ricordato come: “Guerra di Resistenza contro gli Stati Uniti”.
Operazione Babylift. Una costola di “Operation New Life”
La storia che sto per raccontarvi, si svolge pochi giorni prima del ritiro delle truppe statunitensi dal conflitto.
Esattamente tra il 3 e il 26 Aprile 1975 venne attuata l’operazione di evacuazione denominata “Babylift” – “ascensore per bambini”.
È subito importante sottolineare che l’operazione “Babylift” è una costola “preziosa” dell’altro esodo vietnamita, promosso e organizzato dagli Americani , passato alla storia come “Operation New Life”.
Il quale permise – attraverso un ponte aereo americano – l’espatrio di circa 110.000 civili verso l’Occidente.
Operazione Babylift. Solo neonati e bambini
Per la precisione, l’operazione “Babylift“ ebbe come protagonisti esclusivamente neonati e bambini (per lo più orfani) provenienti dal Vietnam del Sud.
Ne furono imbarcati circa 3.300, ma il numero esatto non è mai stato reso pubblico o ufficializzato.
I contingenti americani permisero un vero e proprio espatrio di massa volto ad allontanare i bambini dal proprio paese.
Al fine di essere messi al sicuro e adottati da famiglie in grado di accoglierli.
Va altresì sottolineato che il governo degli Stati uniti approvò e organizzò l’evacuazione sotto richiesta delle associazioni umanitarie che operavano sul territorio in quel periodo.
Associazioni come: “International Orphans ” (oggi Childhelp), “la Fondazione Pearl S. Buck” e molte altre.
Le organizzazioni umanitarie vista la situazione del paese, credettero più giusto allontanare quanti più orfani e neonati possibili dagli scenari che si andavano a delineare all’orizzonte.
Convinte come erano di non essere più in grado di supportarli e crescerli come fino ad allora avevano fatto.
Ad accogliere tale richiesta fu il Presidente Gerald Ford.
Il quale dichiarò di aver progettato l’evacuazione organizzando 30 voli di grandi aerei da trasporto (come il C-5 A Galaxy).
Aerei che garantivano a un folto numero di piccoli passeggeri di arrivare verso luoghi sicuri come: l’America, il Canada, l’Australia e la Francia.
Per poter ricominciare una nuova vita con le famiglie d’adozione sparse per il mondo.
Operazione Babylift. Distacco doloroso
La maggior parte tra neonati e bambini arrivarono all’aeroporto internazionale mentre Saigon era sotto bombardamenti.
Tra gli ultimi devastanti atti di una guerra che sembrava non avere più fine, i giovani protagonisti di questa pagina storica vennero fatti salire a bordo, tra il rumore agghiacciante delle bombe e i sospiri di chi rimaneva a terra.
Oltre agli orfani, ad infoltire il numero di piccoli passeggeri inconsapevolmente pronti per essere imbarcati, ci furono anche molti bambini.
Questi ultimi lasciati tra le braccia dei militari dalle stesse famiglie d’origine.
La maggior parte di esse avevano appoggiato e supportato gli Americani e pertanto decisero di vivere questo sacrificio perché convinti di garantire un futuro migliore ai propri figli.
Migliore rispetto a quello che li avrebbe attesi se fossero rimasti con loro.
Infatti le ripercussioni per tanti sud-vietnamiti furono di una brutalità enorme.
Tra i passeggeri del ponte umanitario molti erano ancora in fasce, tanto da essere imbarcati e custoditi dentro scatole di scarpe improvvisate come culle.
Un giaciglio inconsueto che però garantiva loro un riparo per affrontare il lungo viaggio aereo.
Operazione Babylift. Un disastro terribile
Purtroppo non tutto filò liscio e il primo aereo a decollare con a bordo i bambini rifugiati, ebbe un incidente.
Poco dopo le 16 del 4 aprile 1975, il Lockheed C-5 Galaxy decollò dall’aeroporto Saigon-Than Son Nhat per schiantarsi appena dodici minuti più tardi.
Si contarono 153 vittime, di cui 78 bambini.
La disgrazia colpì l’opinione pubblica in modo incisivo e saltò agli occhi anche l’urgenza di portare via a ritmo più serrato sia i bambini che gli altri rifugiati.
A seguito della tragedia e con lo scarseggiare dei veicoli militari utili per portare avanti l’emigrazione, tutta l’operazione ebbe un rallentamento.
Solo l’aiuto provvidenziale dell’uomo d’affari Robert Macauley che noleggiò – a proprie spese – un Boing 747 della compagnia Pan Am, permise di far partire più di 300 bambini.
Per far fronte a tutte le spese del viaggio, Macauley ipotecò la sua casa.
Operazione Babylift. Polemiche
Sin da subito l’operazione Babylift accese e fomentò molti dibattiti.
Anche se nata come “operazione umanitaria”, non tutti l’accolsero come unica soluzione possibile e giusta nei confronti di questi minori.
Sicuramente fu un corridoio umanitario senza precedenti fino a quel momento storico, che merita pertanto di essere ricordato.
Com’è anche vero che molti sud-vietnamiti che avevano appoggiato le truppe americane, pagarono un contraccolpo altissimo dopo l’abbandono statunitense.
Delineando un panorama che avrebbe reso difficile la sopravvivenza anche ai piccoli rifugiati, espatriati grazie all’operazione Babylift.
Operazione Babylift. Distacco doloroso
Oggi, molti di quei neonati che furono adagiati dentro scatole di scarpe, come alcuni di quei bambini ammassati nelle fusoliere dei grandi aerei americani sono cresciuti.
Alcuni di loro hanno fondato l’Operation Reunite – un’organizzazione senza scopo di lucro – che anche grazie alla rete ha permesso a molti di loro di ritrovare le proprie famiglie d’origine.
Affidando ai test del Dna la possibilità concreta di ritrovare i parenti biologici.
Allontanati dal conflitto, cresciuti al sicuro, non hanno comunque mai abbandonato le loro radici e ancora adesso cercano la propria identità familiare e culturale.
Vista l’attuale situazione mondiale è difficile non rievocare L’operazione babylift come un vero e proprio dejà vu con il suo clamore e il suo dolore.
Capace di riflettere un’altra pagina storica da poco scritta che risalta agli occhi l’ennesimo ritiro delle truppe americane da una terra dilaniata da un conflitto ventennale, che porta il nome di Afghanistan.
La storia si ripete, ma l’uomo non impara.
Fonti:
- Istorica: “L’Operazione Babylift, la grande evacuazione americana”
- Vanilla Magazine: “Da Saigon in una Scatola da Scarpe: la rocambolesca Operazione Babylift alla fine della Guerra del Vietnam”
- Wikipedia: “Operazione Babylift” e “Guerra in Vietnam”
Il Conte Jacque di Saint Germain, il vampiro di New Orleans
(Il vampiro di New Orleans) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie, Fatti e società, Pagine Svelate.
Ascolta “Misteri e leggende incredibili. Puntata 6 – Il Conte di Saint-Germain. Il vampiro di New Orleans” su Spreaker.Dopo aver raccontato la misteriosa vita di Madame Marie Laveau la Regina del Voodoo, sono tornata a New Orleans per narrarvi di un altro personaggio.
Enigmatico e affascinante tanto quanto la Sacerdotessa, protagonista di una delle leggende più famose che si sono tramandate in città: Il Conte di Saint Germain, il Vampiro di New Orleans.
SOMMARIO
- Vampiro di New Orleans. Il Conte di St. Germain
- Vampiro di New Orleans. Jacque St. Germain
- Vampiro di New Orleans. Una fine misteriosa
- Vampiro di New Orleans. Il mito resiste al tempo
La città principale dello Stato della Louisiana viene definita da sempre: magica, attrattiva, ricca di suggestione e storia.
Fondata nel 1718 così chiamata in onore di Filippo II di Orléans, principe di Francia, riesce ad abbracciare eleganza, bellezza e mistero nello stesso identico modo.
È una delle prime metropoli a basare la sua forza ed unicità nel mix di razze e culture che l’hanno fondata e che tutt’oggi la vivono.
Rendendola anche la Culla della musica Jazz e di uno dei Carnevali più famosi del mondo, il pittoresco “Mardi Gras“- martedì grasso.
New Orleans è conosciuta e amata per le enigmatiche leggende che serpeggiano tra i vicoli e i quartieri.
Scrigno prezioso di storie oscure, ricche di folklore dove l’immortalità è di casa e non ha paura a manifestarsi.
Ma torniamo al nostro eccentrico, attraente e scaltro Conte di St. Germain…
Vampiro di New Orleans. Il conte di St. Germain
La sua storia in realtà ha inizio in Europa nella metà del ‘700.
Alla corte del Re di Francia Luigi XV, spicca il nome del Conte, colto, di un’età indefinita, di bella presenza ed egocentrico.
È membro della cerchia più ristretta degli amici del Re è sempre al centro di discussioni e confronti durante le grandi feste a Palazzo.
Studioso dell’alchimia e poliglotta riesce ad attrarre personaggi del calibro di Voltaire e Casanova, che si vantano persino di essere suoi amici.
Voltaire ha anche detto: “È un uomo che sa tutto e che non muore mai”.
Ammalia tutti, ma si contorna di un’aurea vetusta e ha una particolarità: è sempre assetato, ma mai affamato.
Nessuno lo vedrà mai mangiare, anche se siede a pochi posti dal Re, si dirà sempre sazio e non toccherà mai cibo dinnanzi ai suoi amici e commensali.
I documenti ci riportano la data della sua nascita 1710 e quella della sua presunta morte 1784.
Perché scrivo “presunta”?
Semplice! Perché è improvvisa quanto mai singolare la sua dipartita: nessuno vedrà mai il corpo del Conte… di lui si perdono le tracce.
È come se si fosse semplicemente volatilizzato.
Vampiro di New Orleans. Jacque St. Germain
Fino a quando agli inizi del 900, proprio a New Orleans, non arriva dalla Francia un giovane carismatico e accattivante che si chiama Jacque St. Germain.
Il quale decide di prendere casa in uno dei quartieri simbolo di New Orleans, il quartiere Francese.
Jacque porta con sé un bagaglio molto ampio, fatto di libri e quadri.
Dipinti di un’epoca lontana (di almeno 200 anni) e che ritraggono il suo più famoso (e somigliante) antenato, un importante Conte del XVIII secolo, nato in Ungheria nel 1712.
In città diventa subito un personaggio conosciuto e apprezzato.
È così cordiale e voglioso di avere sempre gente intorno che la sua cerchia di amici e conoscenti si allarga velocemente.
Diventa popolare per le sue feste e cene.
Dove grazie alla conoscenza storica – talmente tanto minuziosa da sembrare di averla vissuta in prima persona- alla sua dedizione allo studio alchemico e alla conoscenza linguistiche, incanta i suoi invitati.
I quali oltre alla sua compagnia gustano la famosa cucina creola e i suoi sapori, dove però nessuno lo vede mai mangiare.
Dichiarerà sempre di “essere assetato e mai affamato“, accompagnando i suoi commensali assaporando solo del buon vino da un calice dorato, mentre racconta le sue storie e avventure….
Coincidenza o mistero?
Proprio come il suo antenato Monsieur Jacque non sarà mai visto consumare cibo.
Vampiro di New Orleans. Una fine misteriosa
Il suo carisma e la sua popolarità subiranno un forte colpo quando una notte una ragazza deciderà di buttarsi giù dal balcone della sua dimora, al 1039 di Royal Street.
Soccorsa dai passanti la giovane è sotto shock e terrorizzata.
Un rivolo di sangue le cola dal collo, mentre parla ai poliziotti racconta di essersi lanciata perché Jacque l’aveva morsa per tentare di berne il sangue.
Già da tempo alcuni abitanti avevano iniziato a notare troppe stranezze in quell’avventuriero, arrivato con un passato oscuro e denso di segreti.
Ipotizzando che in realtà Jacque St. Germain, altri non fosse che il Conte di Saint Germain, sposando così la leggenda del Vampiro.
I poliziotti cercarono di interrogare Jacque St. Germain ma dalla notte dell’incidente di lui si perdono completamente le tracce.
Fuggito subito dopo l’accaduto – talmente tanto velocemente da lasciare in casa molti dei suoi cimeli – le forze dell’ordine riescono solo ad analizzare alcune bottiglie di vino aperte e lasciate a metà.
Dagli esami effettuati la scoperta che fanno ha dell’incredibile perchè oltre al vino, vi è veramente molto sangue al loro interno.
Vampiro di New Orleans. Il mito resiste al tempo
Di Jacque, come del Conte di Saint Germain, la storia ci lascia senza un vero finale, impreziosendola con una scia di domande senza risposte e sorrisi enigmatici.
Di questi personaggi misteriosi si nutrono le leggende e le pagine di libri spessi e antichi che raccontano di uomini in grado di cavalcare il tempo e le sue generazioni.
Lasciando un ricordo vago ma mai incancellabile del loro passaggio e delle loro verità…
Tutt’oggi a New Orleans non è insolito che alcune persone dichiarino di aver incontrato un uomo affascinante, di un’età indefinita, che si presenta come Jacque.
E questo li inviti a cena, sussurrando poi che “è sempre assetato, ma mai affamato” pertanto farà loro solo compagnia, sorseggiando del buon vino da un calice dorato…
E la leggenda del Vampiro di New Orleans continua…
Fonti:
- Vampirestears.it: “Jacque Saint Germain, l’immortale di New Orleans”
- Mistero:” Un Vampiro a New Orleans: Il misterioso caso di Jacque e del Conte di Saint Germain”
- Second Star to the Right:” Le leggende più spaventose di New Orleans”
Foto di Julie Zimmi da Pixabay
Marie Laveau, la Regina del Voodoo di New Orleans
(Marie Laveau) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie, Fatti e società, Pagine Svelate.
Ascolta “Misteri e leggende incredibili. Puntata 5 – Marie Laveau, la Regina del Woodoo di New Orleans” su Spreaker.New Orleans è considerata uno dei luoghi più affascinanti del mondo, epicentro di magia e mistero. La sua storia come la sua cultura e il suo folklore sono unici e a impreziosirli ci sono personaggi di notevole rilevanza documentata, come la protagonista di cui sto per raccontarvi: Madame Marie Laveau, la Regina del Voodoo.
SOMMARIO
- Marie Laveau. La Religione Voodoo
- Marie Laveau. I tre elementi principali del Voodoo
- Marie Laveau. La storia
- Marie Laveau. La Regina di New Orleans
- Marie Laveau. La morte
Nel corso del tempo la Voodoo Queen è diventata l’emblema di avvenimenti pervasi di sortilegi e arcani segreti che continuano a stregare e sedurre.
Ambasciatrice di una religione che da sempre ammalia e intimorisce.
Una donna tanto atipica per i suoi tempi quanto – sotto molti aspetti – pioniera dei nostri, che della Religione Voodoo resta ancora oggi una delle sue più grandi divulgatrici.
Marie Laveau. La Religione Voodoo
Il Voodoo (o Voudu, Vudù) è una delle religioni più antiche al mondo.
La parola Voodoo deriva da “Vodu”, termine africano che significa “Spirito” o “Divinità”.
Siamo abituati ad associare a questo culto immagini tetre e ambigue, ma il Voodoo è a tutti gli effetti una Religione con i propri liturgie, divinità e riti.
Nasce in Africa e viene diffusa in America con l’arrivo degli schiavi, prendendo piede soprattutto nel Sud.
Ha caratteri esoterici e sincretici.
Per culti sincretici s’intendono tutte quelle confessioni tradizionali che con l’arrivo del colonialismo, entrano in contatto con il cristianesimo, unendo e mescolando elementi tradizionali con i riti cristiani.
Il Voodoo è un culto che si basa sulla venerazione della natura e dei propri antenati.
Vi è una profonda convinzione che il mondo dei vivi coesista con quello dei morti, in un connubio perfetto per il quale fanno da tramite i “Loa” – Spiriti guida che agevolano la convivenza.
Le cerimonie Voodoo sono riti intrisi di gesti e ricordi primitivi, mentre l’idea del peccato è molto semplice.
Chi pratica questo credo dovrebbe sempre compiere buone azioni, qualora non se ne compissero si verrà puniti.
Il Voodoo nato e praticato in Africa “sfuma” e si differenzia da quello che viene professato in America.
È meno contaminato dalla cultura colonialista per cui è stato boicottato e tacciato come un credo volto solo alla stregoneria e alla magia nera.
Ma non è così, infatti il Voodoo ha divinità solari e pacifiche da adorare, che prendono il nome di Loa Rada.
Mentre il Voodoo maggiormente conosciuto è quello nato dalla sofferenza che accomuna e si manifesta nella corrente americana, influenzata dal dolore degli schiavi neri deportati negli Stati Uniti.
La disperazione causata dalle deportazioni e dalla schiavitù generò il culto oscuro, le cui divinità prendono il nome di Loa Petro e sono vendicativi, dispotici e furiosi.
Marie Laveau. I tre elementi principali del Voodoo
Il Sacrificio: è la base di ogni rito e pratica.
Ogni sacrificio è volto a dare energia utile al Loa prescelto, per arrivare a manifestarsi sulla terra.
Nella maggior parte dei casi, il sacrificio si compie con carne animale, ma sono bene accetti anche elementi come tabacco e caffè.
I Veve: sono i simboli attraverso i quali si contattano i Loa.
La Possessione: avviene da parte del Loa verso il Sacerdote (o Sacerdotessa) che l’ha invocato.
A seconda delle esigenze e richieste si deve invocare il Loa specifico.
Quelli più comunemente conosciuti sono:
Papa Legba: Custode dei due mondi.
È una divinità che viene dal culto Rada (quindi solare) e spesso viene raffigurato come un vecchietto con cilindro per cappello e un bastone.
È colui che “apre la porta” e permette ai vivi di parlare con le divinità.
È patrono della stregoneria.
Baron Samedi: Signore della Morte. Re dell’aldilà e della vita oltre la vita.
A lui, prima o poi tutti si prostreranno.
È il Signore della magia nera e il mito degli zombie è legato al suo nome.
È in assoluto il Loa più temuto e rispettato.
Maman Brigitte: La Regina del Cimitero. Moglie di Baron Samedi, è l’unica Loa di carnagione chiara.
È un Loa potente e la tradizione narra che ami cantare e ballare nei cimiteri, dove protegge solo determinati sepolcri contraddistinti da croci particolari.
Met Kalfou: la traduzione del suo nome in Creolo è Signore dei Crocicchi.
Questo Loa è la parte oscura di Papa Legba. Entrambi sono l’uno complementare all’altro.
È lui il vero padrone della magia e governa tutti gli spiriti della notte e le anime perse.
Se Papa Legba è luce, lui è tenebra.
Se Met Kalfou è guerra, Papa Legba è pace.
Se Papa Legba è un anziano arzillo, Met Kalfou è un giovane sfacciato e affascinante.
Erzulie: Signora dell’amore, del fascino e della sensualità.
Protegge i sogni e le speranze di ognuno, ha tre mariti ma conserva la sua verginità in quanto il suo amore trascende la fisicità.
La lista dei Loa è in continua evoluzione e cambiamento.
A parte le principali Divinità – alcune appena citate- anche le anime degli uomini e delle donne meritevoli, possono essere elevati a divenire Loa.
Madame Marie Laveau, Regina del Voodoo è una di loro.
Marie Laveau. La storia
Madame Laveau è stata una maga, religiosa e praticante del Voodoo della Louisiana.
Nata a New Orleans probabilmente il 10 Settembre 1784 – anche se alcune fonti, dichiarano che fosse il 1801 – da una fugace relazione tra il ricco proprietario terriero Charles Laveau e Margherite H. D’Arcantel, una schiava liberata.
Le informazioni più concrete sulla vita di Madame Marie non sono molte e non tutte troppo attendibili, ma di sicuro si sa che la giovane è la prima persona della sua famiglia a nascere libera.
Vive con i suoi parenti nel Vieux Carrè – il quartiere francese – una delle zone più antiche della città.
Ha un carattere forte, risoluto e volitivo.
Sguardo incisivo, occhi d’ebano, pelle ambrata e lunghi capelli neri e ricci a incorniciarle il volto.
Capelli che crescendo amerà raccogliere in eccentrici e colorati ritagli di stoffa, trasformando queste acconciature in un vero e proprio segno di riconoscimento.
Grazie al supporto del padre riesce a imparare a leggere e scrivere.
Viene Battezzata con Rito Cristiano, ma sin da bambina la madre la indottrina alla pratica dei riti Voodoo, che Marie professerà per tutta la vita.
Si sposa giovanissima, appena diciottenne, convola a nozze con un uomo creolo haitiano di nome Jacques Paris.
Dal 1824 dell’uomo si perdono le tracce, pur non essendoci nessun certificato di morte a confermare la sua fine, Jacques sembra essere letteralmente svanito nel nulla.
Marie inizia a farsi chiamare Vedova Paris.
Della loro relazione resta solo il certificato di matrimonio, conservato nella Cattedrale di San Luigi.
Marie e Jacques hanno avuto due figlie, anch’esse scomparse inspiegabilmente.
Dopo la misteriosa fine del suo primo matrimonio, inizia una lunga relazione con Louis Cristophe Dumesnil de Gliapon uomo statunitense di origini francesi che commercia terre e schiavi.
I due staranno insieme per tutta la vita, ma non potranno mai sposarsi a causa delle dure leggi contro la mescolanza razziale.
Leggi introdotte nel XVII secolo nell’America Settentrionale e rimaste in vigore in molti Stati sino al 1967.
Imponevano attraverso una serie di atti legislativi la segregazione razziale e l’impossibilità di unirsi in matrimonio, come ad avere rapporti sessuali, tra persone appartenenti a razze diverse.
Si narra che Marie e Louis Cristophe insieme hanno quindici figli.
Solo due di loro, Marie Eloise Eucharistie e Marie Philomène raggiungeranno l’età adulta e avranno un ruolo nell’eredità religiosa post mortem della Regina del Voodoo.
Anche la scomparsa di Louis Cristophe, come quella del primo compagno di Marie, è avviluppata nel più totale mistero.
Madame Laveau è una donna che non si dedica solo alla famiglia e alle pratiche del Voodoo, ma è anche un’imprenditrice.
Avvia un’attività di parrucchiera a New Orleans che, sin da subito, riscuote particolare consenso.
Tra le sue clienti non mancano le donne benestanti e più influenti della città che, si sussurra, non richiedano solo acconciature o trattamenti di bellezza, ma anche servizi extra come: pozioni e incantesimi.
Marie accetta le richieste sia dalle persone meno abbienti che dagli esponenti più in voga di New Orleans.
Leggenda vuole che nel retrobottega della sua attività offrisse tali servigi, concretizzando la sua figura di Sacerdotessa Voodoo.
Il deposito adibito a tali pratiche è anche il luogo dove custodisce le sue formule e i suoi ingredienti utili per creare gli amuleti e le pozioni, come: erbe, pietre, capelli e ossa.
Svolge i suoi riti Voodoo non solo nel retrobottega, ma anche in altri tre ambienti distinti e specifici:
- La sua casa a St. Anne Street, dove officia cerimonie e riceve i clienti.
- Sulle rive del Lago Pontchartrain – a Bayou St. John– dove si svolgono le cerimonie d’iniziazione ai nuovi adepti del Voodoo. Eventi importanti e affollati nei quali Madame Marie viene sempre affiancata da un Re Voodoo.
- Congo Square, una piazza pubblica divenuta nel tempo ritrovo domenicale per schiavi ed ex schiavi, dove Marie Laveau incontra la sua gente per pregare.
In ogni occasione, Madame Marie manifesta il suo carisma e le sue capacità tanto che le voci inerenti alla sua magia definiscono i suoi sortilegi talmente potenti, da riuscire ad arrivare a colpire non solo il malcapitato, ma anche le sue future generazioni!
Ad accompagnarla nei suoi riti c’è sempre l’amato serpente Zombie (in onore di una divinità Voodoo Africana).
La storia sussurra che a darle le giuste competenze e ad accrescere le sue capacità nella magia nera sia stato un ex schiavo, personaggio inquietante ed enigmatico passato alla storia con l’appellativo di Dottor John o “Re Voodoo” di New Orleans.
Marie Laveau. La Regina di New Orleans
Marie Laveau è una donna capace di divenire punto di riferimento di un’intera comunità, formata in maggior numero da creoli ed ex schiavi.
In lei vedono forza e capacità di aiutare il prossimo bisognoso, non tirandosi mai indietro.
Indubbio il suo fascino e la sua empatia soprattutto nei confronti degli ultimi, di cui ne diventa la paladina.
È rispettata e temuta in egual misura da tutta la comunità cittadina e lei sfrutta questa sua posizione anche per aiutare i più disagiati.
Riuscendo a tessere una rete concreta di supporto e aiuto per schiavi, ex schiavi e condannati a morte.
Madame Laveau è una Sacerdotessa fiera e preparata, che nasconde un animo nobile e volenteroso.
In molti però la paventano e cercano di ucciderla.
Si vocifera che persino il suo secondo compagno tentò di assassinarla, ma Marie riuscì a sventare l’attentato, lanciando una terribile maledizione:
[…] Durante la notte decine di persone affermarono di aver visto in strada un “branco di ombre mostruose” penetrare negli alloggi dove erano ospitate le guardie e la mattina seguente i 15 uomini furono trovati massacrati e con il collo spezzato; […] l’unica giustificazione che riuscirono a fornire le autorità della Louisiana fu che un orso fosse entrato nella stanza chiusa a chiave, al secondo piano e li avesse uccisi. Gli abitanti di New Orleans non ebbero dubbi: era opera della magia nera di Madame Laveau.
Marie Laveau. La morte
Come molti aspetti e periodi della sua vita, anche la morte di Madame Marie è avvolta nell’oscurità.
Alcune fonti ci dicono che sia morta nel 1835, a soli 41 anni.
Tesi mai del tutto accertata per la mancanza di documenti che ne attestino la veridicità.
Mentre secondo altri il trapasso delle Regina del Voodoo è databile il 15 Giugno 1881.
Fatto comprovato da un certificato di morte che attestava il decesso di Madame Marie Glapion Laveau alla veneranda età di 86 anni.
Ma anche dall’obituario pubblicato il giorno seguente sul quotidiano The New Orleans Daily Picayune che recitava queste parole: “donna di grande bellezza, intelletto e carisma, che era anche devota, caritatevole e un’abile guaritrice con le erbe”.
In molti dichiararono di aver incontrato Madame Laveau nei giorni successivi alla sua (presunta) morte, alimentando il suo mito e il suo mistero.
Certo è che ancora oggi la sua tomba – che si presume possa essere quella sita nel più antico cimitero cattolico di New Orleans – al Saint Louis Cemetery numero 1, attiri migliaia di visitatori da tutto il mondo.
Anime inquiete che rendono omaggio al suo mito, lasciando segni concreti del loro passaggio come le tre X sulle pareti della Cappella, sperando che la Regina del Voodoo ascolti ed esaudisca le loro richieste.
Purtroppo non possiamo negare che la storia spesso releghi ai confini donne di questa caratura.
Madame Laveau, forse, ne è l’esempio più concreto.
Nata donna in un’epoca in cui la società, le influenze religiose e di costume non permettevano alle ragazze di poter immaginare un futuro diverso da quello già scritto, ghettizzandole tra obblighi e doveri.
Lei è un grido di libertà e di forza che neppure la storia è riuscito ad azzittire.
Permettendo all’eco che mescola e richiama ai canti di un culto atavico e immortale come quello di cui la Laveau fu fiera Sacerdotessa, di continuare a vibrare insieme al suo nome.
Fonti:
- Site.Unibo: “L’anima mistica di New Orleans: Marie Laveau la Regina del Voodoo”
- Satanisti la nostra verità: “Voodoo, storia e origine”
- National Geographic: “Marie Laveau, la Regina Vudù di New Orleans”
- Vanilla Magazine: “Marie Laveau, la vera storia della Regina del Voodoo di New Orleans”
- Britannica: “Marie Laveau, Regina Vodou Americana”
Democrazia, il 2024 sarà l’ultima spiaggia?
(democrazia) Articolo scritto per Libri e Pillole di Cultura
Il 2024 è stato definito l’anno elettorale per eccellenza. Prendendo spunto da ciò E.T.A. Egeskov prova a fare alcune riflessioni sul tema della democrazia e sulla necessità di proteggerla e salvaguardarla.
SOMMARIO
- democrazia. La crisi delle democrazie
- democrazia. Il consenso elettorale
- democrazia. I decreti legge
- democrazia. I volumi sull’aggressione russa in Ucraina
- democrazia. Gli altri volumi dell’autore
Come spiega in modo chiaro e sintetico lo stesso autore, E.T.A. Egeskov, nell’introduzione del libro l’idea di scrivere questo volume gli è stata suggerita da alcuni fatti di cronaca.
O meglio, la spinta e l’urgenza di volerlo scrivere sono state dettate da episodi che hanno toccato la sensibilità dell’autore.
L’idea del volume invece fermentava nell’animo di E.T.A. Egeskov già da molto tempo, come ha lui stesso confessato.
democrazia. La crisi delle democrazie
Non è certo un segreto che il momento storico che stiamo vivendo sta mettendo a dura prova il concetto stesso di democrazia.
Gli avvenimenti degli ultimi anni, guerra in Ucraina, crisi di Gaza, situazione di Taiwan, hanno dato una forte spinta a un processo che era già in atto da tempo.
Nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale almeno nel mondo occidentale l’illusione che la democrazia come forma di governo fosse ineludibile.
Oggi tale convinzione non è più così salda e ferma.
Il volume prende in esame alcune situazioni nel mondo per usarle come metro di paragone e come spunto di riflessione.
democrazia. Il consenso elettorale
In uno dei capitoli l’autore pone un focus particolare sul tema del consenso elettorale.
In particolare E.T.A. Egeskov mette in rilievo come l’obiettivo primario di qualsiasi politico eletto sia di fatto essere rieletto alla successiva elezione.
Questo comporta l’impossibilità da parte di chi governa di poter fare scelte difficili e controcorrente (spesso però necessarie) proprio perché controproducenti in termini elettorali.
Di fatto questo aspetto potrebbe essere uno degli elementi di crisi delle democrazie, specie di quelle occidentali.
Ed è un tema sul quale l’autore invita a riflettere con alcune importanti osservazioni.
democrazia. I decreti legge
In uno degli ultimi capitoli del libro l’autore si sofferma su una specificità tutta italiana, ovvero quella dei decreti legge.
La tesi dell’autore è provocatoria, o forse molto di più (al lettore l’ardua sentenza) ma di sicuro fa riflettere per la profondità dell’argomento toccato.
Il tema dell’abuso dei decreti legge è stato sollevato più volte nel corso di questi ultimi decenni anche da illustri giuristi.
Che poi questo possa in qualche modo minare le fondamenta democratiche del nostro paese… occorre leggere il volume per scoprirlo!
Di sicuro è un aspetto sul quale vale la pena riflettere.
democrazia. I volumi sull’invasione russa in Ucraina
E.T.A. Egeskov non è nuovo agli instant book, avendone già proposti altri tre negli anni precedenti.
Partendo dal volume Invasione Russa in Ucraina del 2022, scritto poche settimane dopo il 24 febbraio 2022 quando ancora la situazione sul terreno sembrava disperata per il paese invaso.
Di pochi mesi successivo Russia vs. Europa, una riflessione a più largo spettro sul tema della Russia e del suo “zar” Valdimir Putin.
Un volume da rileggere anche oggi per le riflessioni in esso contenute che, nonostante siano passati quasi due anni, restano in gran parte ancora di grande attualità.
All’inizio del 2023 è uscito poi Invasione russa in Ucraina un anno dopo, una sorta di aggiornamento/prosecuzione del primo volume stante gli sviluppi bellici e geopolitici occorsi durante il primo anno di guerra.
democrazia. Gli altri volumi dell’autore
E.T.A. Egeskov non è però un autore classificicabile in un genere, nonostante il grande impegno profuso nel campo della geopolitica e della politica in generale.
Del 2022 il volume Tour de France 2022, un agile raccolta di momenti indimenticabili del Tour de France di quell’anno, raccontati quasi come in una radiocronaca messa per iscritto.
Da menzionare anche il volume Ho fatto 13, una raccolta di suggerimenti letterari un po’ fuori dal comune.
Di genere fantastico invece Tempesta di notte sulle falesie, un racconto ambientato nella cittadina normanna di Etretat che ha il sapore di altri tempi.
Griselda Blanco, la Regina dei Narcos
(Griselda Blanco) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie, Fatti e società, Pagine Svelate.
Ascolta “Pagine Svelate. Puntata 1 – Griselda Blanco, la Regina dei Narcos” su Spreaker.“L’unico uomo di cui ho avuto paura era una donna, Griselda Blanco”.
A fare questa dichiarazione non fu un personaggio qualunque del mondo della droga, ma il suo leader più famoso Pablo Escobar.
SOMMARIO
- Griselda Blanco. La vita
- Griselda Blanco. Il Cartello di Medellin
- Griselda Blanco. L’impero del male
- Griselda Blanco. Famiglia e affari
- Griselda Blanco. Parabola discendente
- Griselda Blanco. La morte
Temuta persino da lui, Griselda Blanco rappresentò davvero il potere e la forza di donna, in un mondo maledetto fatto di uomini e sangue.
Dalla Colombia a Miami tra gli anni 70’-80’ creò un impero redditizio, sedendo sul trono più alto, spacciando cocaina e organizzando agguati sanguinari con lo stesso stile e la stessa rabbia.
In questi giorni la storia di Griselda – la Reina del Narcotraffico Sud Americano – è tornata prepotentemente alla ribalta grazie all’uscita sulla piattaforma Netflix della mini serie che narra la sua vita.
A interpretarla c’è una magnetica Sofia Vergara che le restituisce perfette movenze e il suo delirio di onnipotenza con una lucidità interpretativa pari a poche attrici del momento.
Ma prima di essere stata temuta da Pablo Escobar e di essere romanzata per una sceneggiatura americana, chi fu davvero Griselda Blanco?
Griselda Blanco. La vita
Griselda Blanco Restrepo nacque il 15 Febbraio del 1943 a Cartagena, in Colombia, in uno dei barrio più poveri della città e intorno agli undici anni, si trasferì con la famiglia a Medellin.
Ebbe una vita familiare davvero molto difficile, tanto che il padre presto li abbandonò mentre la madre era sempre più schiava dell’alcool.
La giovane Griselda crebbe in una realtà socio familiare davvero dura e durante l’adolescenza iniziò a prostituirsi.
Appena ventenne si sposò con Carlos Trujillo, da cui ebbe tre figli: Dixon, Osvaldo e Uber.
Carlos contrabbandava e falsificava documenti per chi voleva entrare negli Stati Uniti d’America e Griselda sembrava molto affascinata dai suoi traffici.
Purtroppo la loro storia ebbe un epilogo tragico in quanto la Reina lo uccise per una questione d’affari.
Subito dopo la morte di Trujillo, si trasferì negli USA con i figli e il secondo marito Alberto Bravo.
Un trafficante che aveva fatto soldi spacciando cocaina e con il quale si stabilì inizialmente a New York.
È proprio nella città che “non dorme mai” che Griselda entrò di petto nel mondo dello spaccio di stupefacenti.
Il suo business però si concentrò e concretizzò solo dopo essersi trasferita a Miami, in Florida.
Città dove senza pietà e con sadica costanza divenne la Regina dello spaccio.
Grazie anche al supporto e all’aiuto del suo amico d’infanzia Pablo Emilio Escobar che le permise di entrare nel Cartello di Medellin.
Griselda Blanco. Il Cartello di Medellin
Il Cartello di Medellin fu un’organizzazione di narcotrafficanti molto ben ramificata e organizzata con base in Colombia.
Capace di coprire lo smercio di droga dalle Americhe sino all’Europa tra gli anni ’70 e ’80.
Fu creata e gestita da Pablo Escobar insieme a Gonzalo Rodriguez Gacha – soprannominato El Mexicano – e i fratelli Ochoa.
Griselda Blanco. L’impero del male
Per Griselda appartenere a quel temibile Cartello di Narcos rappresentava la certezza di un potere concreto e sicuro, a cui attingere per espandere il suo impero a Miami.
Sanguinaria, spietata e senza un briciolo di scrupolo alcuno, ebbe diversi sicari alle sue dipendenze mentre ramificava la sua autorità e consolidava il suo personaggio di criminale.
Si rese responsabile di centinaia di omicidi.
Mentre il sangue scorreva a fiumi su chiunque cercasse di fermare la sua ascesa criminale e la costruzione del suo impero.
Parallelamente la sua vita personale la vide impegnata in un nuovo matrimonio con Dario Sepulveda, da cui ebbe il quarto figlio: Michael Corleone.
Sì, avete letto bene, il nome fu scelto in onore del famoso Capomafia del film “The Godfather”.
Cult movie diretto da Francis Ford Coppola e interpretato da Marlon Brando – uscito nei cinema nel 1972.
Insomma Griselda sembrava avere tutto: una famiglia, l’amore, montagne di denaro.
Si dice che accumulò un patrimonio di circa due miliardi di dollari che – nell’America degli anni ’70-’80 – erano davvero una somma immensa e impressionante.
Griselda Blanco. Famiglia e affari
La Madrina del narcotraffico riuscì a gestire famiglia e affari con la stessa ferocia e lo stesso fascino di chi non teme nessuno, neppure la propria coscienza.
Fu diabolica, sanguinaria e cosciente di avere pochi uomini fidati al proprio fianco.
Infatti, oltre al marito Dario e ai figli più grandi, diede credito a un altro uomo del suo clan: Jorge “Rive” Ajala, al quale affidò la gestione del reparto armato.
Lei commissionava omicidi, lui li eseguiva.
Non si fermarono mai dinnanzi a nulla, neppure davanti ai bambini.
Vittime sacrificali che, agli occhi di Griselda, rappresentavano un messaggio importante da trasmettere ai propri detrattori.
Lei non si fermava davanti a niente e a nessuno.
Il potere aumenta, i nemici raddoppiano.
Nel corso del suo Regno Maledetto, la Madrina dei Narcos divenne un elemento cardine del sistema organizzativo del traffico e del contrabbando di cocaina tra la Colombia e gli Stati Uniti d’America.
Soprattutto sulle piazze di Miami e New York City.
Griselda Blanco. Parabola discendente
La sua parabola criminale iniziò la discesa dopo essersi trasferita in California – dove visse con l’ultimogenito – per problemi sempre più ingestibili con i suoi collaboratori.
Venne arrestata e riportata in Florida, a Miami, dove fu condannata alla reclusione.
In carcere passò ben venti anni.
Solo il 6 Giugno 2004 le autorità giudiziarie di Miami decisero di scarcerarla e rimpatriarla in Colombia, a Medellin.
Durante la detenzione però, i sicari iniziarono a mietere morte, uccidendo tre dei suoi amati figli.
Sopravvisse allo sterminio solo Michael Corleone Sepulveda Blanco .
Nato il 5 Agosto 1978, oggi vive a Miami insieme alla moglie e ai loro tre figli.
È stato protagonista di un reality show – “Cartel Crew”.
Show nel quale ha ammesso che dalla morte della madre, ha scelto di non avere più legami col mondo della malavita e del narcotraffico.
Oggi è un imprenditore che opera nel campo della moda e della musica oltre che della cannabis.
Ha scritto un libro dal titolo: “My Mother – The Godmother”.
Michael Corleone è il suo unico discendente rimasto, mentre il nome di Griselda continua a riecheggiare nei meandri più sordidi di questa storia di droga e potere, eccessi e decadenza.
Griselda Blanco. La morte
Il 3 Settembre 2012 Griselda venne uccisa in un agguato a Medellin.
I killer in motocicletta l’aspettavano fuori da una macelleria e le spararono due colpi, lasciandola a terra esanime.
Si chiuse così, con il sangue a terra – quella volta il suo – la vita imperfetta della Madrina dei Narcos.
Donna emblematica e inquietante, capace di ottenere il più ambito dei ruoli, in un mondo dove l’universo femminile non ha nessun titolo ufficiale.
Rappresenta ancora oggi un’eccezione alla regola.
La sua personalità la spinse dove nessun’altra era mai arrivata.
Un triste primato, certo, che neppure la serie televisiva riuscirà ad alleggerire, perché Griselda Blanco è stata una criminale, temuta anche dai peggiori.
Fonti:
- Today: “Che fine ha fatto la vera Griselda Blanco che ha ispirato la serie Netflix “Griselda”?”
- Quotidiano nazionale: “ La storia di Sofia Vergara, Griselda Blanco nella serie Netflix”
- TAG24: “Chi è Griselda Blanco”
- Libero: “Griselda Blanco, la Madrina del Narcotraffico che faceva paura a Escobar”
- Wikipedia: “Griselda Blanco”
- Today: “Che fine ha fatto Michael Corleone, l’unico figlio ancora vivo di Griselda Blanco”
Geopolitica, una delle parole per comprendere la guerra
(Geopolitica) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Politica e Geopolitica
Una parola che sentiamo spesso di questi tempi è Geopolitica (o nello specifico Geopolitica Internazionale).
SOMMARIO
Qual è il significato della parola Geopolitica e i suoi campi d’applicazione?
Il termine viene sempre usato un modo proprio?
Sopratutto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina scatenata dall’ingiustificata invasione russa al paese vicino, si sente sempre più parlare di Geopolitica.
Ma davvero sappiamo cosa significa questa parola?
Geopolitica. Definizione
In realtà la definizione esatta del termine Geopolitica non è condivisa da tutti in modo univoco.
Si tratta infatti di una disciplina ancora abbastanza recente e dai campi di applicazione piuttosto allargati e flessibili.
Si potrebbe definire Geopolitica quella scienza che studia le interazioni delle Azioni Politiche con la Geografia Fisica e con la Geografia Umana.
Pertanto l’utilizzo di tutte le informazioni geografiche sui territori e sulle popolazioni servono a determinare le scelte politiche dei decisori, nazionali e internazionali.
Di contro tutte le decisioni politiche influenzano a loro volto la geografia fisica del territorio ma soprattutto quella umana.
Si pensi banalmente a cosa comporta lo scoppio di una guerra su un dato territorio.
Come ne modifica la geografia fisica e ancor di più la vita delle popolazioni, le relazioni sociali, economiche, culturali e politiche.
La Geopolitica studia tutto ciò.
Geopolitica. Internazionale
Se poi parliamo di Geopolitica Internazionale ecco che mettiamo in relazione tutti i dati di cui abbiamo trattato sopra a un livello sovrannazionale.
Dunque le azioni politiche non sono più quelle di un singolo decisore politico statale ma riguardano la comunità internazionale nel suo complesso.
O almeno in una sua parte.
Pertanto quando si parla di Geopolitica Internazionale spesso si fa riferimento a una sorta di “gioco” delle parti fra i vari governi.
I quali attraverso azioni dichiarate e altre sottintese, grazie a moral persuasion, accordi commerciali, condizionamenti diretti o indiretti, stabiliscono linee di condotta su questioni specifiche che coinvolgono più stati nazionali.
In pratica qualsiasi relazione internazionale fra due o più stati è di fatto un’azione di Geopolitica Internazionale e come tale andrebbe studiata e analizzata.
Foto di David Sánchez-Medina Calderón da Pixabay
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30 febbraio 1712, è esistito davvero ma solo in Svezia!
(30 febbraio 1712) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura e Il crogiuolo
Il 30 febbraio non è un errore di battitura ma un unicum nella storia, accaduto nel 1712 e soltanto in Svezia.
SOMMARIO
- 30 febbraio 1712. I giorni di febbraio
- 30 febbraio 1712. Calendario Gregoriano e Calendario Giuliano
- 30 febbraio 1712. La resistenza protestante
- 30 febbraio 1712. Il pasticcio svedese
- 30 febbraio 1712. Aggiungere il giorno tolto
- 30 febbraio 1712. Quello svedese non è stato l’unico 30 febbraio
- 30 febbraio 1712. Febbraio da 30 giorni già nella Roma Antica?
In un precedente articolo abbiamo raccontato di un giorno che non è mai esistito.
Si trattava del 30 dicembre 2011 e l’evento aveva riguardato le isole Samoa e le Tokelau.
In quel caso si era trattato di spostare la linea del cambiamento di data e per farlo nelle due nazioni del Pacifico era stato cancellato un giorno.
Nel caso svedese, invece, è stato aggiunto eccezionalmente un altro giorno a febbraio.
Trattandosi di un anno bisestile al 29 febbraio non è seguito il 1 marzo come da consuetudine ma un eccezionale 30 febbraio.
30 febbraio 1712. I giorni di febbraio
Tutti quanti ricordiamo la filastrocca dei mesi imparata sui banchi di scuola delle elementari.
30 giorni a novembre con april, giugno e settembre, di 28 ce n’è uno, tutti gli altri ne han trentuno.
E il mese che ha 28 giorni lo sappiamo tutti è febbraio, anomalo rispetto a tutti gli altri per la sua lunghezza (o per quanto è corto se volete!).
Sappiamo anche che negli anni bisestili febbraio si allunga e finisce con l’avere 29 giorni, proprio come capita in questo 2024.
Perché ogni quattro anni (periodo bisestile) febbraio ha un giorno in più?
Per compensare il calcolo dei giorni che compongono un anno.
Noi diciamo che un anno ha 365 giorni, ma ci dimentichiamo delle ore e dei minuti.
Dunque ogni quattro anni aggiungiamo un giorno per fare in modo che il calendario umano corrisponda con quello astronomico.
30 febbraio 1712. Calendario Gregoriano e Calendario Giuliano
Quello che utilizziamo oggi in quasi tutto il mondo (almeno in quello occidentale) è il calendario definito Gregoriano.
Ovvero quello varato da Papa Gregorio XII dal quale ha preso il nome.
Nel 1582 il papa si accorse che il calendario umano non era più allineato con quello astronomico e decise quindi di riallinearli.
Il precedente calendario utilizzato era quello detto Giuliano, ovvero quello varato da Giulio Cesare circa sedici secoli prima.
Con l’andare del tempo il Calendario Giuliano era andato avanti di 10 giorni rispetto a quello astronomico.
Questo perché in realtà l’anno solare dura 365 giorni, 5 ore e 49 minuti e 16 secondi.
Aggiungendo un giorno ogni quattro è come se si dicesse che mediamente ogni anno dura 365 giorni e 6 ore esatte.
Va da sé che ogni anno si guadagnano 10 minuti e 44 secondo che moltiplicati per circa 1600 anni fanno grossomodo 10 giorni.
Per questo motivo papa Gregorio XII decretò dopo il 4 ottobre del 1582 anziché seguire come di consueto il giorno 5 ci fosse invece il giorno 15 ottobre.
In questo modo vennero riallineati i due calendari, umano e astronomico.
30 febbraio 1712. La resistenza protestante
Se in tutti i paesi a maggioranza cattolica venne immediatamente adottato il Calendario Gregoriano altrettanto non avvenne nei paesi protestanti.
Per ragioni di opportunità politica in tanti stati si preferì mantenere, almeno per un po’ il vecchio Calendario Giuliano.
Con il tempo e la necessità di raccordare le date anche per via dei commerci sempre più fitti fra nazioni molti stati prostentanti passarono al Calendario Gregoriano.
Ognuno lo fece in medi e modi differenti.
Il caso della Svezia rimane unico e irripetibile.
30 febbraio 1712. Il pasticcio svedese
In Svezia nel 1699 si decise dunque di abbandonare il Calendario Giuliano per adottare quelle Gregoriano.
Contrariamente a quanto fatto nei paesi cattolici non si optò per la soluzione di cancellare 10 giorni dal calendario saltandoli a piè pari.
Si preferì invece un approccio più morbido cancellando soltanto il giorno 29 febbraio degli anni bisestili dal 1700 al 1740.
Ovvero un giorno ogni 4 anni per un totale di 10 giorni in 40 anni.
Così nel 1700 si passò dal 28 febbraio al 1 marzo saltando il 29 febbraio.
Purtroppo nel 1704 e nel 1708 gli svedesi, presi da faccende belliche, si dimenticarono di saltare il 29 febbraio (erano entrambi anni bisestili).
In questo modo si sarebbe dovuto allungare il tempo di cancellazione del 29 febbraio sino al 1748 per far quadrare i conti.
30 febbraio 1712. Aggiungere il giorno tolto
Avendo constatato la difficoltà ad adottare il Calendario Gregoriano in Svezia di decise dunque di tornare al Calendario Giuliano.
A quel punto però il calendario svedese era sfasato di un giorno rispetto al Calendario Giuliano universalmente adottato.
Questo perché nel 1700 aveva saltato il 29 febbraio.
Si decise dunque che nel 1712 si sarebbe recuperato il giorno perso e si decise che quell’anno febbraio avrebbe avuto 30 giorni.
Essendo infatti il 1712 un anno bisestile febbraio avrebbe già avuto 29 giorni, aggiungendone un altro si arrivava dunque a 30.
E fu così che per una sola volta nella storia della Svezia febbraio si compose di 30 giorni, restando un unicum irripetibile per sempre.
Per la cronaca gli svedesi si pentirono presto di tale decisione e già nel 1753 tornarono sui loro passi adottando il Calendario Gregoriano.
Memori dei pasticci degli inizi XVIII secolo decisero di passare dunque dal 18 al 28 febbraio di quell’anno.
30 febbraio 1712. Febbraio da 30 giorni già nella R|oma antica?
Per quanto possa sembrare incredibile il caso svedese non è l’unico ad aver annoverato un 30 febbraio sul calendario.
In Unione Sovietica nel 1929 si decise di adottare il Calendario Rivoluzionario Sovietico.
Si trattava di un calendario composto da 12 mesi di 30 giorni ciascuno più 5 (o 6 nel caso di anni bisestili) festività che non rientravano in alcun mese.
Nel 1930 e nel 1931 vi fu dunque un 30 febbraio nel calendario sovietico, salvo poi fare retromarcia immediatamente.
Infatti dal 1932 anche l’Unione Sovietica tornò ad adottare il calendario standard con febbraio di 28 giorni (29 in caso di anno bisestile).
Anche il Calendario Copto si compone di 12 mesi da 30 giorni ciascuno.
A questi va aggiunto un breve mese intercalare alla fine dell’anno composto da 5 giorno (o 6 nel caso di anno bisestile).
Simile a quello Copto fu anche il Calendario Rivoluzionario Francese che però ebbe vita breve (dal 1792 al 1805).
30 febbraio 1712. Quello svedese non è stato l’unico 30 febbraio
Stando a quanto affermato dallo studioso Sacrobosco nel 1235 nell’antico calendario giuliano il mese di febbraio avrebbe avuto 29 giorni.
Ovvero 30 giorni negli anni bisestili, praticamente un giorno in più rispetto a quello del nostro calendario moderno.
Secondo lo studioso medievale fu l’imperatore Augusto a togliere un giorno a febbraio per “donarlo” al mese Sextilis che venne rinominato agosto.
Difatti Sextilis divenne Augustus proprio per onorare l’imperatore, così come Iulius fu chiamato così in onore di Giulio Cesare.
Avendo agosto in origine, secondo il Sacrobosco, solo 30 giorni l’imperatore Augusto decise di portarlo a trentuno.
Aggiunse dunque un giorno, secondo questa teoria, per renderlo lungo uguale al mese di luglio (dedicato a Giulio Cesare).
Per fare ciò tolse un giorno da febbraio riducendo quest’utiltmo da 29 a 28 giorni.
Dunque da 30 a 29 negli anni bisestili.
Va sottolineato come però questa teoria del Sacrobosco non abbia mai trovato alcuna conferma documentale.
Foto di Unif da Pixabay
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Tutta colpa del cioccolato 5° book della serie di Adele Ross
(Tutta colpa del cioccolato) Articolo scritto per Libri, Pillole di Cultura ed Emozioni in punta di penna
Ascolta “Emozioni in punta di penna. Puntata 1 – Tutta colpa del cioccolato 5° book della serie di Adele Ross” su Spreaker.Con Tutta colpa del cioccolato la scrittrice Adele Ross aggiunge un nuovo capitolo, il quinto, alla fortunata serie Tutta colpa di…
SOMMARIO
- Tutta colpa del cioccolato. Il libro
- Tutta colpa del cioccolato. La serie
- Tutta colpa del cioccolato. L’autrice
- Tutta colpa del cioccolato. Adele Ross omaggio Jean Webster
- Tutta colpa del cioccolato. Gli altri libri
A distanza di oltre sei anni l’autrice della serie Tutta colpa di… torna con un nuovo capitolo dal titolo Tutta colpa del Cioccolato.
Dopo aver fatto sorridere e commumere il pubblico con i quattro volumi precedenti Adele Ross è tornata con un nuovo capitolo della serie.
L’autrice è fresca del recente successo del volume Caduta nel passato, un romance/viaggio nel tempo.
Tutta colpa del cioccolato. Il libro
Premessa: niente spoiler.
Dunque nessuna paura a leggere le righe che seguono.
Non verrà svelato nulla del finale e di ciò che accade nel corso della storia.
Adele Ross torna alla serie di Tutta colpa di… dopo oltre sei anni di silenzio (ma con tanti altri libri pubblicati però).
Lo fa con un libro che già dal titolo promette molto e leggendolo conferma le attese.
La protagonista, Naieda, lavora in un’agenzia pubblicitaria e deve curare una campagna per un cliente molto particolare.
Ma si sa, l’ufficio a volte può essere galeotto e ciò che sembrava davvero impossibile diventa quanto mai realtà…
No spoiler… soltanto un consiglio: leggetelo anche per scoprire il segreto di questo misterioso cioccolato.
Ne vale davvero la pena!
Tutta colpa del cioccolato. La serie
Tutto ebbe inizio nell’ottobre del 2016 con il primo volume dal titolo Tutta colpa del matrimonio.
Un romance chick-lit permeato dalle musiche degli ABBA e di tanta ironia che rende Tricia, la protagonista, unica nel suo genere.
Un volume che ha incontrato il favore del pubblico e continua a piacere anche a distanza di otto anni ormai.
Il secondo volume ha un titolo che è tutto un programma: Tutta colpa di San Valentino.
E cosa c’è di più azzeccato in questo periodo dell’anno?
Segue poi un libro decisamente estivo e sorprendente come Tutta colpa di Caraibi.
Cambiano le ambientazioni e i protagonisti ma la verve, l’ironia e le emozioni non mancano, neppure su un’isola lontana.
Il quarto volume delle serie ci porta in clima natalizio, come suggerisce il titolo Tutta colpa di Natale.
Godibile in ogni momento dell’anno è imperdibile sotto l’albero addobbato.
Tutta colpa del cioccolato. L’autrice
Adele Ross a partire dal 2016 sino ad oggi ha pubblicato in self-publishing 20 libri più due raccolte.
La scelta di auto-pubblicarsi rispecchia la sua volontà di essere editrice di se stessa per poter arrivare al suo pubblico in totale autonomia.
Adele Ross ha uno stile molto particolare, vivace, capace di battute al vetriolo che riesce ad alternare a scene romantiche da film.
Indimenticabili, a detta della gran parte dei suoi lettori, sono i dialoghi.
Serrati, vivi, verosimili, pungenti, divertenti, romantici… unici verrebbe da sintetizzare.
Un’autrice amata per le sue storie mai scontate e banali, ricche di humor e dialoghi pungenti.
Libri dal ritmo serrato e che si fanno leggere tutto d’un fiato.
Tutta colpa del cioccolato. Adele Ross omaggia Jean Webster
Cinque anni fa, nell’estate del 2019, Adele Ross volle omaggiare una grande scrittrice americana del ‘900.
Forse il nome Jean Webster non dice granché a molti, ma Papà Gambalunga dovrebbe al contrario accendere qualche lampadina.
Specialmente a chi ha un po’ di anni sulle spalle e ricorda il famoso film del 1959 con Fred Astair e Leslie Caron.
Ispirandosi proprio al libro della Webster l’autrice Adele Ross ha voluto ricreare quel mood portandolo ai giorni nostri.
È nato così Un inaspettato benefattore, un romance che è più di una semplice storia d’amore e che ha regalato emozioni a tutti coloro che lo hanno letto.
Tutta colpa del cioccolato. Gli altri libri
In questi otto anni Adele Ross ha pubblicato volumi ricchi di humor e sentimento ma non solo.
Con I lupi di Central Park e Hans, Greta e la strega del marzapane ha voluto sconfinare nel mondo delle fiabe e del fantastico, a modo suo però!
Con Il cuore fragile di una strega è andata incontro al pubblico teenager con una storia tutta per loro, sempre in stile Adele Ross.
Due incursioni anche nel mondo del paranormale con Oh my ghost, ho ereditato un fantasma e Caduta nel passato.
Due storie romance venate di elementi sovrannaturali ma sempre con tanta ironia, battute al vetriolo e tanto sentimento.
Senza dimenticare i due romance un po’ paranormal e un po’ natalizi come Amaliah, apprendista diavoletta combinaguai e L’angelo della porta accanto.
E sempre in tema natalizio come non ricordare anche Aiuto, Babbo Natale mi ha rapito, dove la sensualità va persino al Polo Nord?
Da non perdere anche la raccolta di racconti, tutti al vetriolo, di Piccole bomboniere crescono.