Nabucco, 9 marzo 1842 debutto trionfale alla Scala di Milano
(Nabucco) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura
Il 9 marzo 1842 debutta con un trionfo alla Scala di Milano il Nabucco di Giuseppe Verdi.
SOMMARIO
- Nabucco. Il primo vero successo di Giuseppe Verdi
- Nabucco. L’opera
- Nabucco. Abigaille vuole la corona
- Nabucco. La condanna a morte per gli ebrei
- Nabucco. Il re dei re
- Nabucco. I collegamenti risorgimentali
- Nabucco. Più dell’opera poté la canzone
Fu la terza opera portata in scena fra quelle scritte dal maestro di Busseto e ne decretò l’indiscusso successo.
Era il 9 marzo del 1842 quando alla Scala di Milano debuttava il Nabucco alla presenza di Gaetano Donizetti.
Nabucco. Il primo vero successo di Giuseppe Verdi
Verdi aveva debuttato tre anni prima, nel 1939 con l’opera Oberto, conte di San Bonifacio.
Opera seguita l’anno seguente dal melodramma gioioso in due atti Un giorno di regno.
Ma fu solo con il debutto del Nabucco nel 1842 che Verdi raggiunse la fama e il successo che poi lo reso immortale.
Tanto che già nel 1843 presento I lombardi alla Prima Crociata e l’anno seguente Ernani.
Le prime quattro opere debuttarono alla Scala di Milano, teatro con il quale Verdi aveva particolare feeling.
Soltanto con Ernani Verdi si cimentò con un debutto non meneghino.
Il dramma lirico in quattro parti con il libretto di Francesco Maria Piave debuttò infatti al Teatro La Fenice di Venezia.
Nabucco. L’opera
L’opera inizialmente è ambientata in terra di Palestina durante l’assedio dei babilonesi capeggiati dal loro re.
All’interno della Gerusalemme assediate a consolore gli ebrei c’è il profeta Zaccaria.
Nella capitale degli ebrei c’è anche Fenena, la figlia di Nabuccodonosor, ostaggio in mano al popolo ebraico.
La prigioniera babilonese viene consegnata in custodia a Ismaele, nipote del re di Gerusalemme.
Ovviamente Fenena e Ismaele si innamorano e decidono di fuggire insieme.
Ma l’altra figlia del re di Babilonia, Abigaille, anch’ella innamorata di Ismaele, impedisce la fuga.
Nabuccodonosor alla fine riottiene la figlia ostaggio degli ebrei e incendia il tempio di Gerusalemme.
L’opera prosegue poi a Babilonia dove Abigaille scopre di essere in realtà una schiava.
Nabucco. Abigaille vuole la corona
Scoperte le sue umili origini Abigaille decide di mettersi in combatta con il sacerdote Belo per impossessarsi del regno.
Intanto Fenena, essendo reggente per conto del padre, decide di liberare tutti gli ebrei.
Anche perché nel frattempo ha deciso di convertirsi all’ebraismo.
Decisione che fa letteralmente infuriare Abigaille.
Nabuccodonosor intanto viene creduto morto in battaglia finché non torna in tempo per assistere alla rinvedicazione del trono da parte di Abigaille.
Nabuccodonosor maledice il dio dei babilonesi e quello degli ebrei ma in quell’istante un fulmine lo colpisce facendogli cadere la corona.
Corona che viene raccolta da Abigaille che si proclama sovrana.
Nabucco. La condanna a morte per gli ebrei
Divenuta regina di Babilonia Abigaille decide di mandare a morte tutti gli ebrei.
Compresa sua sorella Fenena, che nel frattempo si è convertita all’ebraismo.
Abigaille chiede al padre di mettere la sua firma sul documento che decreta la morte degli ebrei.
Il re ormai non più in sé, acconsente, salvo poi accorgersi che nella lista c’è anche sua figlia Fenena.
Chiede allora pietà per lei ma Abigaille rimane irremovibile, anche la sorella deve morire.
Allora Nabuccodonosor le rinfaccia che lei non è sua figlia ma una schiava.
Abigaille, che aveva trovato il documento che ne attestava le origini, straccia quest’ultimo in faccia allo spodestato re.
Nel frattempo gli ebrei sulle rive dell‘Eufrate intonano il famoso canto del Va’ pensiero.
Nabucco. Il re dei re
Quando ormai tutto sembra perduto Nabuccodonosor chiede perdono al dio degli ebrei.
E lo prega di accorrere in soccorso di Fenena e del popolo ebraico.
Immediatamente giunge un ufficiale fedele al re che con un manipolo di uomini libera il suo sovrano.
Nel frattempo gli ebrei stanno marciando incontro alla morte e Zaccaria assiste Fenena confortandola nell’ultima ora.
Intanto arriva Nabuccodonosor con i suoi uomini e ordina che venga abbattuta la stua di Belo (il sacerdote complice di Abigaille).
Ma la statua crolla terra senza che nessuno l’abbia toccato e a tutti i presenti ciò pare un chiaro messaggio divino.
Nel frattempo Abigaille si è avvelenata ma prima di morire ha ancora la forza di chiedere perdono.
Prima di essere liberati gli ebrei ricevono da Nabuccodonosor l’esortazione a costruire un grande tempio per onorare l’unico vero dio.
In conclusione Zaccaria profetizza a al re babilonese che avendo egli servito Jehova sarà chiamato Re dei Re
Nabucco. I collegamenti risorgimentali
Come molte altre opere composte da Giuseppe Verdi in quegli anni anche l’opera del re di Babilonia ebbe una valenza anche risorgimentale.
Facile l’accostamento fra il popolo ebraico prigioniero del re dei babilonesi con le genti italiche ancora sotto la dominazione dello straniero.
Giusto ricordare che l’Italia di quegli anni pullulava di moti insurrezionalisti contro i vari regnanti stranieri.
E che di lì a pochi anni sarebbe scoppiata la Prima Guerra d’Indipendenza fra il Regno di Sardegna e l’Impero Austriaco.
Persino il cognome Verdi fu utilizzato come acronimo risorgimentale: Vittorio Emanuele Re d’Italia (V. E.R.D.I –> Verdi).
Non era raro trovare scritto sui muri di Milano viva Verdi, con il duplice significato di apprezzamento per il compositore e come atto rivoluzionario contro il regime austriaco.
Nabucco. Più dell’opera poté la canzone
L’opera è stata senza dubbio uno dei più grandi successi di Giuseppe Verdi, oltre ad essere stato il primo ad essere riconosciuto come tale.
Ma la complessità dell’opera e del tema trattato e la maestria della composizione vengono spesso messe in secondo piano.
Infatti un brano ha saputo travalicare i confini dell’opera stessa e divenire egli stesso opera immortale.
Si tratta ovviamente del celebre Va’ pensiero, ovvero del canto intonato dagli ebrei sulle rive dell’Eufrate quando ormai pensano di essere alla fine.
Quella canzone divenne così popolare che in molti l’avrebbero persino voluta come inno nazionale una volta riunita gran parte della penisola sotto la stessa bandiera.
Ancora oggi è uno dei brani più conosciuti di Verdi e in generale della musica lirica.
Persino da chi di musica lirica non se ne intende o addirittura non l’ama affatto.
Foto di Girl with red hat su Unsplash
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